tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

venerdì, novembre 24, 2006

05/09/1946 – 24/11/1991

ognuno si avvicina alla musica in maniera diversa, a volte seguendo le strade più disparate, altre volte più semplicemente in seguito all’influenza dei genitori, ma sempre con passione ed entusiasmo. Così alcune canzoni piano piano diventano la colonna sonora della tua adolescenza, le ascolti incessantemente, le fischietti ovunque, e alla fine ti accompagnano tutta la vita. Io mi sono affacciato a quel mondo con i Queen. Non è mia intenzione tediarvi con un fiume di parole per descrivervi la loro importanza e magnificenza, ma voglio solamente ricordarvi una persona molto cara, che ci ha regalato grandi emozioni e la cui voce mi evoca sempre molti ricordi, tristi e felici.
Grazie Freddy. y*

martedì, novembre 21, 2006

qualcuno si lamenta dello stato di abbandono del blog, dice che così non si può andare avanti, nessuno scrive, nessuno commenta, nessuno legge… si sottolinea come a parole si è tutti bravi ma quando poi si tratta di mettere mano alla penna (tastiera) allora sono dolori, non c’è modo di caricare un post neanche sotto minaccia…. che fare? qualcuno vocifera che per sopravvivere bisogna accogliere nuove leve, si devono inserire in squadra nuovi elementi, insomma, gettare la nostra creatura in pasto ai lupi, snaturando lo spirito dei padri fondatori… io non ci sto! GIAMMAI, piuttosto la morte, come ti ho creato ti distruggo, non sono disposto ad assistere inerme allo scempio, sei nato a primavera e perirai il primo giorno d’inverno!
Dopo aver rivendicato il mio titolo e i diritti ad esso connessi posso rivestire i panni della sobrietà e scrivere qualcosa di pregnante, anche se purtroppo la verità è che sto vivendo un personale impoverimento culturale, e la latitanza sul blog ne è una diretta conseguenza. Tuttavia ieri sera una bella chiacchierata mi ha fatto venire in mente come alcuni soggetti si prestino bene per una breve presentazione… vi potrei parlare delle profezie dell’oracolo, del mio primo acquisto on-line, di come si pianti un’albero o dei preparativi per l’imminente compleanno di Milla, ma perché farlo quando c’è da raccontare la favola di “f”….. no, non sarò così bastardo, anche perché chi ha vissuto certe cose sulla sua pelle non può dimenticare, ne scherzarci sopra, ma un appunto volevo farlo, siamo vicini ad apporre la parola fine, anche se conoscendo il protagonista poco ci credo, l’inguaribile ottimista dell’Unieuro non demorderà tanto facilmente! A questo punto credo di essermi dilungato abbastanza, ho scritto troppo, per la precisione tanto fumo e niente arrosto, cmq ho lasciato il segno! y*

martedì, novembre 14, 2006

Venerdì. Finalmente sera. Ho ancora un paio d’ore, prima di incontrare la Milano che conta. Prima di elargire sorrisi stirati e tiepide strette di mano. Ma questa volta, mi dico, è diverso. Niente ipocrisie, niente rossori: avrò compagnia. Passeggio per corso Buenos Aires, su e giù, senza una meta, immaginando la scena. Mi siedo. Fa maledettamente freddo, e io, mi dico, sono vestito troppo leggero. “Secondo lei, sono più resistenti i cerchioni in ferro o in acciaio?” Alzo lo sguardo. Un signore, anziano, un barbone, alla vista, si siede sulla panchina, accanto a me. “Devo fare un viaggio, non so quale scegliere”. “Provi a rivolgersi a quel negozio, laggiù, di articoli sportivi”. Non so come, non so perché, ma resto lì, a parlare. “Un viaggio - dice il signore - mi servono per andare in Belgio. In bicicletta. Non è la prima volta: forse è per questo che ho dolore al ginocchio. Già, per il freddo patito in dieci anni di peregrinazioni. Dieci anni. Da quando i parenti m’hanno cacciato via di casa”. La sensazione di diffidenza passa. Di fronte, c’è solo un uomo che ha bisogno di parlare. Ma qualcosa, ancora, mi trattiene dall’abbandonarmi all’ascolto. Forse l’emozione per la serata, o il vago terrore che qualcosa possa non andare per il verso giusto, forse, semplicemente, la consapevolezza che quella solitudine straziante, almeno una volta, tutti l’abbiamo provata. Mi squilla il cellulare. Una voce, che aspettavo, dall’altra parte della cornetta: l’appuntamento… Mancato. “Per il lavoro, gli straordinari, sai”… Maledetto lavoro, maledetti impegni, maledetto tutto. Il buon umore se ne va. Sento crescere, dentro di me, l’amarezza. Il vecchio, accanto, continua a parlare, come se niente fosse successo. L’astio verso la zia, verso il mondo, verso Dio, il sogno di evadere, di fuggire, le angherie dei compagni di reparto, quando era manovale: la memoria si spalanca inaspettata, riversando torrenti di parole sepolte, meditate per chissà quanto tempo. Arriva un sms. Brutale, inaspettato: non verrà più nessuno, quella sera. L’amarezza si tramuta in rabbia. Dolore, sconcerto. La tremenda sensazione di un tradimento. Accuso il colpo. Ho fretta, ora. Benché non abbia più niente da fare, improvvisamente, ho fretta. Ho bisogno di muovermi. Per non congelare, per non pensare, forse. L’anziano si alza con me. È un grido, ora, il suo. Le sue parole si confondono con le mie, le barriere cadono. Che fare, dove andare, fuggire, credere, sognare. Mi trattengo. Vorrei andare, ma sento che quello sconosciuto, quella sera, mi sta dando qualcosa. Un’opportunità, forse. Di essere utile a qualcuno. Di sentire, forse, un po’ meno freddo, in quella serata di tradimenti inaspettati. Mi affanno a dispensare consigli. Vorrei stringergli la mano, ma non ho il coraggio di farlo. Lui capisce, e mi ringrazia. Lo saluto con un cenno della mano, e me ne vado per la mia strada, stretto nel bavero di un cappotto troppo leggero. Odio, rancore, gratitudine: difficile dire quello che provo. Macino chilometri, la gente, accanto, mi urta silenziosa. Mi fermo davanti al portone della Milano che conta. Ancora uno squillo al cellulare. Forse qualcuno verrà all’appuntamento, ma il tempo è passato. Indosso la maschera, varco il portone. La mia serata è cominciata. Rob

giovedì, novembre 09, 2006

sono lieto di annunciare al mondo che:
1) i fondatori di questo blog insieme all'unico lettore assiduo accertato, ovvero f, jj, y e rob, se ne partiranno per quel di amsterdam il due marzo dell'anno prossimo, prenotati per la precisione sul volo easyjet 4323 che parte da malpensa alle sette e venti (una cosa così importante come questo viaggio non poteva passare sotto silenzio sul blog). da segnalare che mi toccherà assumere forti dosi di cannabis a scopo terapeutico, per lenire il lancinante dolore dovuto al sacrificio di non poter così seguire l'avvincente partita dell'olimpia in casa contro montegranaro.
2) dopo mesi di inattività il nostro sito ricomincia a dare segni di vita: ho appena pubblicato la pagina "chi siamo", con una breve introduzione su di noi. ora le migliaia di lettori assidui ma non accertati potranno associare delle facce alle rispettive sigle, e sapere finalmente chi si nasconde dietro i post che pubblichiamo. purtroppo il rovescio della medaglia è che le migliaia di lettrici che si aspettavano ragazzi belli e affascinanti in tre casi su quattro rimarranno deluse (ma per fortuna ci sono io a tener loro alto il morale). la pagina è naturalmente in attesa di consigli per essere migliorata nella struttura, nei colori, nei testi, in tutto. tutte le altre pagine sono invece ancora in attesa di essere scritte per essere pubblicate: mandatemi i vostri contributi. f

mercoledì, novembre 08, 2006

nuevos parásitos del trabajador, profesionales del robo y de la explotación
hacer dinero con facilidad es su moralidad, delincuencia legal
aprovechandose de tu indefensión, te van subyugar, te van a manipular


il lavoro non era quello previsto e concordato: assunto per un mese, licenziato dopo un giorno. sembra una barzelletta, in realtà è semplicemente il trionfo di un mercato del lavoro ormai schizofrenico, senza più etica e, spero, prossimo all'autodistruzione. la morale di questa storia è che la h3g, punto di partenza della filiera degli avvoltoi, troverà comunque in breve tempo e senza problemi il personale che cerca, e che la wsc non avrà ripercussioni e resterà impunita per la sua malafede e per il suo comportamento molto scorretto. la hr non si assume alcuna responsabilità e scarica senza rimorsi il barile alla ad interim, la quale, almeno lei, si scusa costernata, e promettendomi la ricerca come si deve di un lavoro mi attende per un colloquio serio ("ah, ma lei è laureato?". la cosa inquietante è che di solito non fanno mai colloqui: lo fanno solo quando devono riparare ad un errore). infine questo natale qualche rimbambito crederà alle baggianate propinategli negli spot da claudio amendola e si comprerà l'ultimo telefonino della tre solo per guardarsi il suo reality di fiducia sul minuscolo schermo, e crogiolandosi nella propria vuota inconsistenza ignorerà che quel cellulare gli è arrivato senza difetti grazie al fatto che ho infilato i guanti, ho aperto la confezione e l'ho testato, nella mia unica alienante giornata da operaio in un triste capannone di un triste paesino dimenticato da dio nella pianura nebbiosa a est di milano. di nuovo si ha l'impressione che l'unico a rimetterci in questo genere di situazioni sia sempre il povero lavoratore, ormai senza più diritti, che investe tempo e fatica per non ritrovarsi niente fra le mani ed essere di nuovo senza lavoro. carne da assunzione bella fresca, pronta per essere sbranata di nuovo. ricomincia il banchetto. f

lunedì, novembre 06, 2006

¡¡hay que joderse!! todo va para atrás, para poder currar vas a tener que pagar
su beneficio sale de tu sudor, se multiplica el patrón, ahora tienes dos


domani comincio il mio mese di lavoro come addetto al data entry presso un'azienda che non so neanche esattamente di cosa si occupi (nessuno sembra saperlo o ritenerlo importante, neanche sanno il numero di telefono. e mi hanno pure dato l'indirizzo sbagliato). oggi ho firmato il contratto. per arrivare alla firma del contratto sono entrate in gioco cinque entità: io, naturalmente, che lavoro, e la wsc di liscate, dove andrò a lavorare. poi ci sono la ad interim a cui ho fatto avere il mio cv e che mi ha selezionato (selezionato è una parola grossa. una volta c'era la guerra e si diceva carne da cannone, ora siamo carne da assunzione), la viesse di agrate brianza (un'altra agenzia, probabilmente controllata dalla ad interim) nei cui locali ho firmato le carte e dove dovrò andare a prendere i soldi, e infine la hr che è la cooperativa che ufficialmente mi ha assunto. in tutto questo io prenderò ottocentoventicinque euro netti. immagino che però il costo del mio lavoro per la wsc sarà molto più alto, visto che sia la ad interim, sia la viesse sia la hr dovranno guadagnarci qualcosa. la domanda è: quanto? lo chiedo perchè non lo so, e sarebbe interessante saperlo. l'impressione è che questa presunta flessibilità del mondo del lavoro abbia portato, oltre alla tragica precarietà che conosciamo, anche all'allungamento della filiera di persone che banchettano sullo sfruttamento. la carne da assunzione fa gola, e gli avvoltoi volano in larghi giri sulle carcasse fresche. f

mi piace ascoltare musica ad alto volume. un pò perchè sono parzialmente sordo, un pò perchè buona parte della musica che mi piace ascoltare è musica che da il suo meglio se ascoltata a molti decibel. sabato sera ero in macchina, tornavo da quella splendida miscela di allegra confusione, ansia, tifo, colori, casino, sentimenti contrastanti che è una partita dell'olimpia, e dopo aver riaccompagnato gli amici ho messo su una cassetta di musica punk, chiassosa, sporca, ispirata, veloce, potente, magnifica. solo che a un certo punto la cassetta è finita, non avevo voglia di riascoltarla da capo, e mi sono messo a smanettare con la radio: su rock fm niente di bello, sulle altre stazioni musica da discoteca, discorsi di pannella, preghiere, ramazzotti, ancora musica da discoteca, insomma niente che avessi voglia o che valesse la pena di ascoltare. così ho spento la radio e sono piombato nel silenzio, appena smorzato dalla cantilena sorda e pacata del motore nella circonvallazione notturna ormai quasi deserta. in quell'esatto istante ho avuto in rapida successione un pensiero e un impulso. il pensiero è stato questo: wow, che meraviglia il silenzio. lo penso spesso, in effetti a me piace il silenzio, per quanto adori riempirmi ed essere circondato di voci rumori e musica mi piace anche soffermarmi ad ascoltarlo quelle poche volte che ne capita l'occasione, e per me le chiese sono belle non tanto in quanto luoghi di fede quanto perchè sono fra quei pochi posti in cui davvero si può sentire e quasi afferrare il silenzio nella sua concretezza. ora tenetevi forte: dopo aver apprezzato con gioia l'improvvisa dimensione di assenza di rumore venutasi a creare intorno a me l'impulso immediato è stato quello di girare la manopola dell'autoradio per alzare il volume. del silenzio. per poterlo in qualche modo sentire meglio, come se fosse un bel brano, e sentirlo più forte, forse per via del brusio soffocato del motore che lo incorniciava. assurdità e irrazionalità al potere. mi sono sentito un cretino per un istante soltanto, poi mi è sembrato un gesto perfettamente razionale nel contesto generale, specchio fedele della pazzia dei tempi e di quella mia personale di questo periodo. f