tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

sabato, maggio 25, 2013



[G] vorrei avere di nuovo cinque anni
il futuro immacolato nelle mani
non conoscere il peso degli affanni
salutare da terra gli aeroplani

[C] vorrei avere di nuovo dieci anni
l'incoscienza di ogni istante regalato
prima ancora che la vita faccia danni
un pallone e una corsa a perdifiato

[G] vorrei avere di nuovo quindici anni
la potenza di infinite strade aperte
tutto vivido e assoluto e senza inganni
gli amici, le sconfitte e le scoperte

[C] vorrei averne di nuovo ancora venti
masticare speranze e illusioni
fare il tifo per tutti i perdenti
le cause perse e le rivoluzioni

[G] vorrei averne di nuovo venticinque
rifugiarmi dentro musica e parole
la ricerca spasmodica di un dunque
l'armatura per nascondermi dal sole

[C] vorrei averne di nuovo ancora trenta
nuovi viaggi e nuove forme di espressione
ogni risata con gli amici rappresenta
una certezza dentro tanta confusione

[G] vorrei averne per sempre trentacinque
e perdermi per sempre nei tuoi occhi
se tornassi indietro fino a cinque
disegnerei gli stessi scarabocchi

chissà da dove mi è saltato fuori il pallino di scrivere canzoni: ben due in pochi giorni, forse sto esagerando. e se la prima è forse palesemente indecifrabile e necessita, per essere capita fino in fondo, di una passione d'altri tempi per l'enigmistica (fra qualche giorno pubblicherò la soluzione, e mi maledirete comunque), questa perlomeno, pur nella pochezza dei suoi due accordi, davvero il minimo sindacale, è già qualcosa di (spero) più comprensibile: un piccolo omaggio a questa strana ricorrenza che sono i trentacinque, età indefinibile con il suo denso corollario di domande inutili e senza risposta (sono giovane? o sono vecchio? ho ancora tanti anni spumeggianti di fronte oppure la metà migliore della mia vita è già alle spalle?).
la verità è che strimpellare l'ukulele in questo periodo mi dà un senso di calma e di pace, e mi fa stare bene. ecco, mi rasserena e mi schiarisce le idee, e mi ritrovo molto spesso con il bisogno di imbracciarlo, di abbandonarmi alla dolcezza del suono e al piacere di far scorrere le dita sulle corde.
chissà, forse è proprio per questo che in questi giorni riesco a condensare pensieri e inquietudini soltanto in rime e strofe, e mi diverte molto scrivere queste cose che mi ostino a chiamare canzoni. perciò questo periodo va così, questi ultimi post nascono in musica (se di musica si può parlare), prendeteli come vengono. f

csxqp: lorenzo jovanotti - "i giovani"

domenica, maggio 19, 2013


un viaggio che sognavo da tanto tempo, per il quale avevo speso tante parole, cercando di convincervi, insistendo, arrivando fino a maledirvi, rinfacciandovi timori, paure, titubanze, preconcetti, e poi l'imprevedibile, la resa dei conti, dopo i veti contrapposti, quando ormai non c'è più tempo, non ci sono alternative, quando infine o si prenota o si resta a casa... e così, a tre giorni dalla partenza, collegati via skype, abbiamo fatto il passo, prenotando, prenotandoci una settimana "ubi eius pedes steterunt", dove poggiarono i suoi piedi, e non solo...
un viaggio che non speravo più di fare, ma che alla fine è maturato, all'improvviso, cogliendoci impreparati, costringendoci a improvvisare...
ma anche un viaggio arrivato al momento sbagliato, incerto fino all'imbarco, nato con premesse indicibili, perché non avevo voglia, forze, spirito, per andare avanti, per lasciarmi tutto alle spalle, mettere da parte i pensieri, i tormenti, e potermi così tuffare in quest'ennesima avventura...

e così, dopo una sera sciagura, e una notte insonne, mi sono presentato in centrale... era deciso, saremmo veramente partiti. E' stato un bene, perché alla fine ho staccato la spina, mi sono lasciato trasportare, verso l'ignoto, abbandonandomi al fluire degli eventi. Non sempre è stato semplice, ma abbiamo fatto di necessità virtù, senza perdere mai la testa (apparentemente), ma facendo affidamento sulla nostra immancabile flessibilità, sulla capacità di adattarci, di improvvisare... nelle difficoltà abbiamo trovato la forza, e alla fine è stato un vagare sorprendente e irripetibile.

Israele è stato accorgersi dell'esistenza dello shabbat quando ormai era troppo tardi, il prendere un treno senza aver capito esattamente se è quello giusto, il ritrovarsi sul mar morto senza i soldi per mangiare, l'avventurarsi in strade sconosciute, il guardarsi intorno senza vedere neanche un viso pallido, il farsi largo fra una selva di fucili, il porre domande senza avere risposte, lo sbagliare autobus e perseverare nell'errore fino all'inevitabile epilogo, il ritrovarsi sperduti a bordo tangenziale, l'accettare un passaggio da uno sconosciuto in mercedes, il contrattare furioso, il venire respinti all'ingresso della spianata del tempio, il varcare una recinzione convinti di poterlo fare, il portare la kippah senza essere ebrei, il subire un'instancabile serie d’interrogatori, il temere la generosità di un anziano palestinese, il non trovare un posto dove far colazione, il perdersi e ritrovarsi in una miriade di viuzze coperte...


ma Israele è stato soprattutto felicità, la felicità di toglierci le scarpe e assaporare l'acqua del mare, la felicità di camminare sulla spiaggia verso Jaffa, di cercare conchiglie, di gustare una spremuta di melograno, di spuntare un buon prezzo al mercato, di varcare come pellegrini le porte di Gerusalemme la sera, di non sapere dove siamo ma andiamo, di affrontare un irto sentiero sotto un sole cocente, di sembrare due disperati in cerca dell'oasi, di assistere allo sfrecciare dei caccia, di sentirsi persi senza paura... è stato la gioia di giocare (e perdere) a scacchi seduti per terra, di vedere il tramonto sulla città santa, di raccontarsi davanti ad una zuppa fumante, di stare comodamente seduti dopo una camminata sfiancante, di scattare foto a manetta, di programmare le giornate senza troppa apprensione, di provare l'humus e i falafel, i dolci kosher e il pane al sesamo... e poi l'emozione del santo sepolcro, dei credenti, della messa greco ortodossa, del muro del pianto, del monte degli ulivi, della chiesa della natività, del cimitero ebraico, luoghi difficili da raccontare, perché vanno vissuti, tastati, ascoltati, annusati, assaporati. E così è stato per noi, noi che da profani abbiamo voluto avvicinarci, e vedere, ma non solo: abbiamo toccato la lastra dove Gesù fu deposto, messo la mano là dove fu posta la croce, ci siamo inginocchiati là dove nacque, e bagnati sulla pietra dell'unzione, abbiamo affidato una preghiera al muro del pianto, acceso una candela al sepolcro, cantato parole sconosciute, sbirciato fra le fessure della moschea, annusato incensi e paraffina.

niente mappe, niente guide, solo noi, con il nostro zainetto, e la voglia di andare, sempre oltre, oltre i muri, i pregiudizi, gli avvertimenti, i contrattempi, le incomprensioni, le paure...

Israele è stato così, una piccola parte di una lunga storia, fatta di amicizia... grazie f. y

clxqp: paolo rumiz, monika bulaj - "gerusalemme perduta"

venerdì, maggio 17, 2013



[A] non è cinque e non è neanche sette
[G] non è sol e non è nemmeno si
[A] mille e uno in altri tempi a roma
[C] erano i nonni dei nonni dei miei nonni, visti da qui

risuona un solo colpo di mitraglia
figlio di nessuno ma soltanto a metà
quando sono spento premo l'interruttore
per giocare le mie carte in un negozio, con facilità

fermo la mia macchina e il motore, all'infinito
così muovo il cavallo, ma non sento il suo nitrito
subisco il disonore, l'oltraggio e la sconfitta
guardo la bussola in alto a sinistra

[A] il 26 febbraio e il 17 novembre
[G] tutto quello che ho e che possiedo da sempre
[C] sono tre pezzetti d'argento, sospesi al contrario

ecco torna utile l'altra metà di prima
sei venere bellissima che nasce dalla schiuma
così se fossi a new york direi senz'altro di più

[G] le cose che mi tiri addosso non mi colpiscono [C] mai
le cose che mi tiri addosso non mi colpiscono mai
le cose che mi tiri addosso non mi colpiscono mai
f

csxqp: dente - "la settimana enigmatica"

giovedì, maggio 16, 2013


un amore simile non era neanche una malattia, era un cancro, un cancro che a poco a poco invade il corpo, e più cresce più divieni cosciente del fatto che nessuna medicina può arrestarlo, nessun intervento può asportarlo, forse sarebbe stato possibile quand'era un granellino di sabbia, poi invece non è possibile, perché ti ruba ogni organo, ogni tessuto, ti divora al punto che non sei più te stesso... così tu mi avevi invaso e mi stavi divorando, ammazzando.
E così il cancro aveva proseguito il suo corso per dimostrarmi che amare significa soffrire, che l'unico modo per non soffrire è non amare, e che nei casi in cui non puoi fare a meno di amare sei destinato a soccombere.

Ma adesso, che il calice dell'amarezza è stato bevuto fino in fondo, è il momento di liberarsi di questa illusione, fardello, fissazione, e vomitare aspettative, desideri, sogni, emozioni, sentimenti, speranze, ricordi, sorrisi...
e così, seduto sul marciapiede, appoggiato alla saracinesca, accovacciato per strada, inginocchiato sul divano, piegato nel letto, disteso sul pavimento, posso lasciar fluire tutto il mio dolore, abbandonarmi alla disperazione, rassegnarmi all'evidenza, riflettendo su quello che è stato e non è stato, perché sarà l'ultima volta, dopodiché riporrò tutto in un cassetto, per non ritrovarlo più, e cercherò di alzare la testa, con le mie ferite, debolezze, incertezze, ma consapevole di non essere solo, di valere qualcosa, e di avere un domani da vivere.

Il soffrire paralizza, spegne l'intelligenza, uccide. E con te ho sofferto veramente troppo. y

csxqp: joy division - "love tear us apart"