tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

martedì, giugno 17, 2014



il bilancio del mio primo mese da emigrato in terra straniera è indubbiamente (e per certi aspetti insospettabilmente) positivo. la città in cui vivo, sebbene un po' ossessionata dal suo passato (l'effige del re barbuto che le ha dato un posto sui libri di storia è pressoché dovunque, e fa capolino praticamente da ogni strada, edificio e negozio), possiede un perfetto mix di tranquillità, vivacità e cosmopolitismo che le deriva dall'essere una città non troppo grande, ma universitaria e di frontiera (in belgio e in olanda si può arrivare a piedi). ha un anima tutta sua fatta di biscotti alle spezie, caldissime acque termali, innumerevoli forni e pasticcerie, reliquie sacre, parchi verdi pieni di tavoli da ping pong, e tantissime biciclette (anche se ci sono troppe salite per i miei gusti, appena ti muovi dal centro c'è un tourmalet ad aspettarti e non hai scampo, sei costretto a scalare e sputare i polmoni, ma in realtà non durano poi molto e la fatica viene presto ricompensata da meravigliose piste ciclabili in mezzo a boschi e campagne).
la casa in cui vivo è davvero bella, accogliente e luminosa, anche se condivide con quasi tutte le case tedesche la tragica assenza di alcuni elementi di fondamentale importanza: sembra incredibile che da queste parti non siano mai arrivati il bidè, gli ascensori, i muri lavabili in cucina o le tapparelle. un'altra cosa cosa che mi pare residuo indelebile della passata barbarie è che nei supermercati ci sia un solo tipo di biscotti da colazione (le gallette semplici al burro) a fronte di intere corsie dedicate esclusivamente alle caramelle gommose: resto sempre perplesso di fronte a questa sconcertante ridefinizione delle priorità alimentari.
la convivenza procede bene, ma del resto su questo non avevo molti dubbi.
è una cosa nuova ed entusiasmante, di quelle che fanno pensare e vedere molte cose in modo diverso.
anche ritrovarsi nelle veste di studente è una sensazione strana e piacevole. il tedesco però è una lingua inutilmente complicata, che non fa certo dell'intuitività il suo punto di forza: sembra quasi che sia stata concepita esplicitamente per impedire a qualsiasi straniero di impararla in tempi brevi. non è tanto la durezza aspra e spesso impronunciabile di certi suoni a scoraggiare, quanto la sostanziale casualità dietro ad alcuni elementi grammaticali di fondamentale importanza (gli articoli e i plurali su tutti), innestata su una costruzione della frase che definire poco immediata è un colossale eufemismo (alcune parti della frase tendono a finire nell'unico posto dove una persona dotata anche del più piccolo barlume di ordine e praticità non ce le metterebbe mai). ogni regola grammaticale, quando c'è, è fonte di un fiume in piena di interminabili eccezioni, il che è in stridente contrasto con la loro cultura così devota ai regolamenti e ligia a qualsiasi tipo di norma. si ha quasi l'impressione che l'illogicità regni sovrana nella maniera in cui cercano di tradurre le cose in parole: il modo di dire i numeri (125 si dice cento cinque e venti) e l'ora (le 7:25 sono cinque alle metà otto) rivelano molto quanto sia contorta la loro lingua. ciononostante la sto imparando, sto facendo progressi e mi sto divertendo a studiarla, e la cosa mi pare incredibilmente gratificante e miracolosa al tempo stesso.
nel corso che sto seguendo ho fatto amicizia con un improbabile combriccola di scappati di casa, finiti anche loro in questo che è uno dei pochi paesi al mondo a non aver perso la bussola nella deriva economica generale. sono stati spinti il più delle volte ad allontanarsi dai propri paesi disastrati e senza futuro, e a vivere in questo ancora ricco e prospero angolo di europa, proprio dallo stesso intreccio di amore, lavoro e speranze che ho caricato con me sul furgone insieme a cooper e a tutte le mie cianfrusaglie.
così ho potuto sperimentare uno strano ma elettrizzante miscuglio di lingue e di culture, come mai prima in vita mia: nell'insperato tentativo di riuscire a comunicare ecco che l'inglese, il tedesco, l'italiano e lo spagnolo si accavallano e si sovrappongono in un inverosimile e gesticolante grammelot che però riesce sempre, non si sa bene come, ad essere estremamente efficace. mi sono in questo modo ritrovato a parlare di musica e storia, di cinema e cibo, di calcio, lavoro e futuro con ragazzi greci, messicani, turchi, venezuelani e spagnoli (ho pure  trovato un iraniano che ha visto tutti i film di bud spencer), e ho scoperto di avere in comune con loro mille cose che non avrei mai pensato.
ecco, cambiare aria, partire e ricominciare è senza dubbio qualcosa di estremamente difficile. ma allo stesso tempo sono consapevole che sentir mancare un po' di terra da sotto i piedi, rimescolare le carte, aprire la finestra per guardare meglio l'orizzonte lasciando che il vento scompigli abitudini e certezze, è qualcosa che non può farmi che bene. f

csxqp: lorenzo monguzzi - "tempi difficili"