tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

lunedì, marzo 28, 2016



il primo giro in bicicletta dopo i mesi invernali è un po' come il primo respiro a pieni polmoni preso in quell'ultimo breve attimo che separa l'apnea dal soffocamento. nuove energie, nuova voglia di esplorare strade ancora ignote, nuove promesse d'estate, nuove speranze che queste promesse vengano mantenute.
così ieri, complice un timido e quasi caldo sole e un'ora in più di luce, ho risvegliato dal letargo il mio vecchio catorcio, l'ho scosso dal torpore, e ho pedalato seguendo soltanto l'istinto. è incredibile come le due ruote riescano ogni volta, almeno per un po', a rendere tutto più leggero e più limpido.
ho respirato forte, a pieni polmoni, tutto qui. in questi tempi così difficili mi è sembrata una cosa molto sensata da fare. f

csxqp: l'orso - "il tempo ci ripagherà"

giovedì, marzo 17, 2016



la vita fa veramente.
gli scoppi d'artiglieria sulle colline a ore undici accendevano a intervalli irregolari la metà sinistra del volto del tenente senza nome, intense ma brevi vampate di luce che ne illuminavano le rughe, le cicatrici non ancora rimarginate e il fango sulla barba ispida. dappertutto saturavano l'aria l'odore del sangue e quello della polvere da sparo. in mezzo al sibilare di proiettili arroventati il cervello smette di funzionare, forse perché brasato dalle circostanze estreme o forse più semplicemente in virtù di un eccellente meccanismo di autodifesa.
se solo potessi avere un.
un che cosa il tenente senza nome non lo sapeva, non riusciva ad esprimerselo, e non era nemmeno così sicuro che gli interessasse. tanto poteva solamente starsene lì, grande e grosso e ferito, il fango sotto il mento, in attesa di ricevere ordini e inoltrarli senza filtro ai soldati della sua compagnia. passava ogni secondo sperando di poter sopravvivere il secondo successivo. era diventato bravo con le fasciature, ma quando una granata stacca un braccio non basta la garza in dotazione per riattaccarlo al corpo.
ogni scoppio lassù potrebbe.
erano i nostri cannoni a dilaniare le colline, o quelli del nemico? esistono ancora delle retrovie alle mie spalle? il tenente senza nome si sentiva sempre più uomo medio, insopportabilmente medio, circondato da uomini medi che tuttavia gli sembravano sempre un po' meno medi di lui. la morte non era un terrore più grande di quello di doversi rassegnare all'ottundimento, non sopportava l'idea di non riuscire più a decifrare la politica, l'economia, la storia. un soldato gli portò un caricatore, che lui non aveva richiesto. la pace non si può fare con le mitragliatrici.
e poi vorrei sapere perché cazzo fra tutti quelli.
il tenente senza nome non sapeva darsi risposte più che altro perché aveva smesso di farsi domande, perlomeno quelle a cui era possibile dare una risposta. la curiosità e la sensibilità erano state assassinate dall'istinto di sopravvivenza, senza che lui avesse avuto modo di accorgersene. poi poco a poco l'ansia si era fatta ambiente, stato naturale e costante, la precarietà era diventata sistema, e alla fine non riusciva a decifrare nemmeno se stesso, medio o no non aveva più molta importanza. forse era per questo che i pensieri gli arrivavano a brandelli. qualcuno gli offrì una sigaretta, che lui accettò. la fumò avidamente, come se fosse l'ultima.
ecco, alla fine la verità è che io.
la verità è che forse non ci sono verità, solo immense stupidaggini. niente da fare, rimaneva tutto sospeso, futuro e passato non importavano più, non sapeva nemmeno bene dove fosse in quel momento, quale la guerra che stava combattendo, né quale disperato altrove ne fosse l'alternativa. meglio essere seppelliti lentamente nel fango e nell'attesa di mille giorni nelle ardenne o lasciarsi esplodere in una sola grande dresda?
niente.
niente.
niente.
non c'è filo spinato.
che possa fermare.
il suo sorriso.

questo lo sapeva, gli era sempre stato chiaro. ringraziò un dio immaginario per questo pensiero sfuggito chissà come ai reticolati. dimenticò per un momento gli scoppi, il fango, le pallottole, l'attesa, le garze, le colline, le ardenne e l'ansia. respirò forte quell'aria satura di sangue e di polvere da sparo. si tastò tutte le ferite aperte, e anche se per un attimo soltanto, se ne rallegrò. era ancora vivo. f

csxqp: joy division - "disorder"