tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

mercoledì, dicembre 10, 2008





una squadra riesce a entrare nella leggenda di un sport quanto più riesce a costellare la propria storia di imprese memorabili, di quelle che illuminano gli occhi dei tifosi, inumidendoli al ricordo. la storia passata dell'olimpia è piena di queste imprese memorabili: basta semplicemente accennare ad un tifoso di lungo corso parole come "losanna", "aris", "gand", "livorno" per aprire un vaso, e ascoltare lunghi racconti appassionati e commossi di viaggi epici, partite epiche, gesti epici, canestri epici di giocatori, beh, epici. e vittorie epiche, ovviamente: "l'anno in cui vincemmo la coppa dei campioni" si alterna, nei racconti, all'"anno in cui rimontammo da meno trentaquattro", seguito dall'"anno in cui vincemmo la seconda coppa dei campioni di fila", fino all'ultimo "anno in cui vincemmo lo scudetto". poi, praticamente, più nulla.
la storia recente dell'olimpia non ha niente di leggendario: partite discrete, giocatori a volte bravini ma nella norma, risultati a volte lusinghieri, visti i mezzi, ma non certo esaltanti. un lento declino, insomma. o meglio: partite sicuramente leggendarie, ma in negativo: "l'anno in cui sbagliammo apposta i liberi per evitare la retrocessione" , o "l'anno in cui perdemmo lo scudetto per 24 centesimi di secondo" ad esempio: in mezzo c'è solo "l'anno in cui stavamo per fallire" e qualche magia di un certo gallinari, e nulla più. fino a giovedì scorso.
proprio così, perchè questo è "l'anno in cui battemmo il cska nel secondo tempo rimontando da meno diciassette". finalmente una partita leggendaria, di quelle che racconterò ai miei nipotini con gli occhi umidi, ancora illuminati di orgoglio e stupore: racconterò loro che quegli altri non avevano ancora perso una partita, che sembravano imbattibili, che noi eravamo una squadretta da metà classifica e loro i campioni d'europa in carica, e che noi mettemmo in campo cuore, voglia e passione, sputando sul parquet ogni nostra goccia di sangue. spero che non resteranno impressionati da quest'ultima immagine, i miei nipotini.

l'altro giorno ho deciso di scappare dal brulicante e opprimente sciame di gente in cerca di regali di natale rifugiandomi nella galleria d'arte moderna: qui non verranno, ho pensato. ingresso gratuito, un pò di arte e un pò di caldo: la migliore ancora di salvezza che potessi sperare dalle migliaia di formiche fameliche di oggetti che, frenetiche, infestavano le strade. fra le opere solite vedrà inserite delle opere particolari, del promettente artista tal dei tali, mi avvertono all'ingresso. bene dissi io, ignaro di quello che mi aspettava. fra la magnifica grandezza del quarto stato di pellizza da volpedo (non sapevo che fosse qui!) e il più famoso ritratto di manzoni dipinto da hayez scoprii ben presto che le opere d'arte particolari erano impersonate dai custodi / guardiani delle varie sale. la prima opera mi ha quasi spaventato, nella sua agghiacciante e lisergica idiozia: tre custodi assaliscono gli spettatori della sala con un triste ma movimentato balletto, cantando "it is not contemporary! it is not contemporary!" e offendendo con spregio il lato tersicoreo in ognuno di noi. nella sala successiva la custode canta e farfuglia frasi sconesse. sul pavimento della terza una coppia si bacia e si struscia. nella quarta c'è lo spogliarello (solo maschile, purtroppo), e i minori non possono entrare. ho pensato: si, vabbè, ok. ma dopo?
mi è tornato in mente lo scheletro gigante di un alieno adagiato in piazza duomo, con un bastone infilato nel dito. mi sono tornati in mente i bambini impiccati e il papa ucciso da un meteorite. roba da far rivoltare l'orinatoio di duchamp e i baffi sulla gioconda, o i tagli di fontana. mi son chiesto se l'arte contemporanea, per essere tale, deve soltanto stupire lo spettatore in modo fine a se stesso, o se c'è un discorso dietro, non dico intelligente ma per lo meno sensato. a volte non capisco, e rimango molto spesso con il sospetto che gran parte dell'arte contemporanea sia un colossale castello di carta senz'altro scopo che non il proprio sterile autocompiacimento.

pensavo all'olimpia e alle partite che le restano da vincere, colorando questi pensieri, di tanto in tanto, di sfumature autobiografiche. pensavo che si può stupire, ed essere stupiti, ma ci vuole qualcos'altro. cosa, non lo so ancora esattamente, ma è la differenza che passa fra sei metri per tre pieni di persone che marciano unite verso un obiettivo e un barattolo di merda d'artista. f

csxqp: operation ivy - "knowledge"

lunedì, dicembre 01, 2008

“Voi italianen,
bravi cristianen, sempre tranquillen,
mai disturbaren, mai faren kasinen…”

“Nein, anzi Ja, noi italianen, veren,
ma particolaren, atipiscen…

noi odiaren grossen kulturen krucchen,
noi disprezzaren ciben tedeschen,
noi odiaren ordine e quieten,
noi sbandaten senza pacen…

noi fumaren cannonen,
non visitaren giardinen,
noi pagaren puttanonen,
non compraren cartolinen,
noi sempren ubriachen,
non braven personen…

noi forse tre scapestraten,
ma felici di spararen cazzaten.
Noi parlaren malen inglesen,
non capiren olandesen,
biascicaren tedeschen,
noi due ragazzi dannaten,
ma con un custoden alaten.” y*

clxqp: neil gaiman – “nessun dove”