tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

mercoledì, novembre 29, 2023


Giorni fa un post su instagram mi suggeriva i dieci concerti che per dicembre non mi sarei dovuto perdere. Incuriosito non mi sono fatto pregare e avidamente ho scorso la lista alla ricerca di qualche spunto interessante. Ormai sono fuori dal giro, da troppo tempo non seguo più la scena musicale, e così questa poteva essere l’occasione per conoscere le ultime tendenze, gli artisti emergenti, e tutte quelle meraviglie che si nascondono dietro le quinte, in attesa del successo. Con sorpresa, in mezzo a tanti nomi totalmente sconosciuti, ne ho trovato uno noto, di un gruppo che avevo iniziato ad ascoltare una quindicina di anni fa, e che a quanto pare era ancora in attività, i Sick Tamburo. Nati da una costola, o meglio due, dei Prozac+, ne erano la loro naturale continuazione, artistica e sonora, ma sotto nuove, e per certi versi discutibili, spoglie. Sebbene ne avessi apprezzato il primo album, non riuscivo a farmi piacere il nuovo nome, e tantomeno il modo di presentarsi al pubblico, coperti da un passamontagna, con jeans, gilet e cravattino nero, camicia rossa e converse ai piedi. Li avevo seguiti con passione per tanto tempo, e rivederli sotto questo artificio scenico mi aveva lasciato abbastanza stranito e perplesso. Non ne capivo il senso, e questo aveva portato ad una forma irrazionale di ostracismo e rigetto. Così li persi di vista, con la convinzione, immotivata e arrogante, che non sarebbero durati. E infatti mi sbagliavo, e così eccoli qui, a distanza di anni, con un nuovo disco in uscita, un tour promozionale, e tanti concerti in giro per l’Italia. In verità, come ho scoperto in seguito, non si erano mai fermati, e periodicamente avevano dato alle stampe nuovi lavori, con una casa discografica importante, che aveva creduto e investito in loro, dandogli fiducia, senza l’assillo o la necessità di arrivare al grande pubblico. Sapere che fossero ancora in giro mi ha fatto ripensare al passato. La loro musica mi ha ricordato un periodo della mia vita incerto e entusiasmante, in cui tutto sembrava ancora possibile, dove nessuna strada era stata ancora intrapresa. Stavo ancora cercando il mio posto nel mondo, ero materia informe, da plasmare. Scalpitavo, imprigionato in un limbo, incerto sull’uomo che sarei stato. Vivevo nell’attesa che la crisalide abbandonasse le sicurezze del bozzolo e spiccasse il volo. E così, accompagnato da questi pensieri, riascoltare i Prozac+ è diventata un'esigenza. Ho tirato fuori i cd, i biglietti dei concerti, le foto. Ho cercato i video su youtube e recuperato i testi delle canzoni. Ho frugato nella memoria e ne sono uscite tante storie, che stavo rischiando di dimenticare, e che invece voglio raccontare.

La prima immagine che associo ai Prozac+ è legata ad un’estate di metà anni novanta, la prima da maggiorenne, in vacanza con gli amici in toscana. Noi distesi sulla spiaggia caraibica di Rosignano Solvay, un ambulante ci passa davanti, vende audiocassette pirata. La canzone dell’estate è Acido Acida, così decidiamo di tentare la fortuna e comprare l’album, 5.000 lire, per questo trio di Pordenone, che non conosciamo, ma che spopola alla radio e su MTV. 
Dopo qualche tempo passano per Milano, al Rolling Stone. Non ho amici con cui andare, così vado da solo. Nel frattempo ho recuperato tutti i loro album, conosco i testi a memoria, e trepido nell’attesa del nuovo lavoro. Al concerto conosco, cosa mai successa prima e che mai si ripeterà, tre ragazzi piemontesi, fan sfegatati, con cui condivido la transenna, una birra e tante chiacchiere. Ci diamo appuntamento ad un mese di distanza, sempre qui, per andare insieme alla data di Varese, e poi Torino, e poi chissà. Li raccolgo in stazione centrale, col timore di non sapere bene chi fossero, che mi potessero rubare la macchina, o fare chissà cos’altro. Ma è solo un pensiero, e la tensione si scioglie dopo il primo sorriso. Saliamo sul mio pandino celeste, e nonostante il forte anticipo, ci dirigiamo verso il Nautilus, dove ci sarà il concerto. È talmente presto che riusciamo a sentire le prove. Rannicchiati in un angolo ci mangiamo un panino, mentre aspettiamo l’apertura delle porte. Siamo gli unici, ma a noi non importa, ci preme essere i primi, per correre alla balaustra, e guadagnare la prima fila. Di quella serata conservo un ricordo stupendo, è stato un momento epico, liberatorio, di emancipazione, crescita e gioia. Abbiamo saltato e cantato, pogato e scherzato. Finita l’esibizione c’è stata anche la possibilità di incontrare la band, scambiare due parole, e far firmare le magliette. Rientrati in città ci siamo dati appuntamento alla prossima data, ma la vita non ci ha fatto più incontrare, ognuno perso nei suoi impegni. 
Li sentii suonare nuovamente a Pordenone, dove andai con mia sorella e altri amici della montagna. Nella loro città natale fu una festa. Pogando mi feci male ad una spalla e venni assistito dal personale dell’ambulanza. Anche questi inconvenienti facevano parte del “gioco”, e non ebbi di cui dispiacermi. Nel frattempo mi iscrissi al fan club, ricevendo tessera, autografi e adesivi. Pubblicarono ancora due album, a cui seguirono altrettanti tour, fino allo scioglimento, mai ufficializzato. Il loro addio al palco coincise con il mio periodo post laurea, l’affaccio sul mondo del lavoro, i colloqui infruttuosi, le delusioni amorose. Questa era la nuova realtà con cui confrontarmi. Nonostante i Sick tamburo ne avessero raccolto l’eredità per me era la fine di un’epoca, il superamento dell’adolescenza. Si era chiuso un capitolo, e vivevo nell’attesa che quello nuovo venisse scritto. Era un periodo complesso, di cambiamento, fatto di sfide, fallimenti e piccoli traguardi, e nuova musica stava conquistando spazio nella mia vita.

Adesso, a distanza di quasi vent’anni, sono di nuovo pronto a riabbracciarli, a recuperare il tempo perso. Non so se è un’operazione nostalgia, o se è la passione che torna a farsi viva, ma li sento ancora vicini, capaci di toccare le corde giuste, per farmi riavvicinare, tornare ad un concerto, e tirare fuori dall’armadio la storica maglietta numero 9! I Prozac+ non esistono più, ma continuano a vivere e risuonare nei Sick Tamburo. Con loro ho ritrovato vecchi amici che per inerzia e pigrizia non vedevo da tanto tempo, e riascoltarli non è mai stato tanto bello. y

csxqp: sick tamburo - “un giorno nuovo”

domenica, novembre 05, 2023

 

 

il primo evento sportivo a cui abbia mai assistito non è stata una partita di basket, ma di baseball. avevo dieci anni, l'italia ospitava addirittura i mondiali e mi ero già appassionato a questo sport, così mia nonna mia madre e mio padre mi fecero una sorpresa e mi portarono, pur senza capirci niente, a vedere una partita, in cui la nostra nazionale rimediò una sonora e inevitabile sconfitta contro gli imbattibili stati uniti. sono passati trentacinque anni e la foto qui sopra la scattai io proprio in quell'occasione.
qualche anno fa gli europei di baseball si sono disputati a bonn, poco distante da dove vivo, e ho trascinato la malcapitata v a vedere l'italia battere la francia in un'epica partita durata sei ore, di cui quasi tre di sospensione per pioggia. le va dato atto di un sorprendente stoicismo e spirito di sopportazione, ma sono passati quattro anni e comprensibilmente ancora mi maledice per quella estenuante esperienza.
tutto questo per dire che da quando mia madre, di ritorno da un viaggio di lavoro negli usa, mi regalò un guantone, una palla e una mazza, questa passione, così strana ed eccentrica per un bambino italiano di provincia dell'epoca predigitale, mi è entrata, chissà come e chissà perché, irrimediabilmente sottopelle. così eccomi qui, come ogni anno in questo periodo, fra ottobre e inizio novembre, puntualmente incollato allo schermo a seguire fino alle world series tutte le fasi conclusive del campionato americano.
è un gioco strano, il baseball. dannatamente lento e per nulla intuitivo, spezzettato fino all'estremo, poco comprensibile e pieno di regole maledettamente complesse, e in definitiva, per un non iniziato, davvero poco spettacolare: vive di brevi fiammate isolate spalmate su partite spesso lunghissime, ed è difficile da seguire, da spiegare, e da raccontare.
eppure mi piacciono tantissimo quelle fiammate, e mi affascinano. mi piace il sottile duello di astuzie fra il lanciatore e il battitore, l'eleganza antica delle divise di gioco, le corse e i tuffi degli esterni con il guantone proteso, le giocate decise sul filo dei millimetri o dei millisecondi, le basi rubate, la potenza balistica degli home run, la precisione delle statistiche, i riti, i record, le maledizioni, l'epica delle sue storie e delle sue leggende.
mi piace tutto questo e molto di più, e davvero, chissà come e chissà perché. è una bella domanda: chissà che strani percorsi fanno le cose, anche le più stupide e marginali, chissà quali corde toccano, per folgorarci e insediarsi perdutamente nell'anima. f

csxqp: dropkick murphys - "tessie"