tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

venerdì, ottobre 20, 2017



ci sono quelli che portano avanti una passione e un'idea ben precisa di quello che vogliono fare, diventando sempre più esperti nel loro campo: master, ricerca, articoli, dottorati, pubblicazioni.
ci sono quelli che hanno un posto di lavoro e riescono a tenerselo per lungo tempo, diventando sempre più bravi in quello che fanno: scatti, aumenti, livelli, responsabilità, carriera.
e poi ci sono quelli come me che per un motivo o per l'altro si lasciano sempre spettinare dal vento e saltano da un lavoro all'altro, tutti certamente affrontati con entusiasmo e dedizione, ma scollegati, diversi, incoerenti: tappe di una rotta incostante e forse inconcludente, capitoli di una vita professionale strampalata e appunto, perennemente arruffata.
tutta questa premessa per dire che da qualche mese ho un nuovo lavoro, che come avrete capito c'entra abbastanza poco con gli altri che ho fatto prima, e che per non smentirsi proprio mai è in realtà un insieme di lavori diversi: riparo scarpe, duplico chiavi, incido oggetti, cambio batterie agli orologi: gestisco praticamente da solo un negozio che offre tutti questi disparati servizi, più molti altri.
no, ovviamente non so ancora fare tutto, né tantomeno quel poco che so fare so farlo ancora bene: per una serie di circostanze il mio periodo di apprendistato è stato molto breve e superficiale, e come dicono da queste parti mi hanno preso di peso e buttato nell'acqua fredda: le cose stanno così, qui ci sono le chiavi del negozio, lì c'è il telefono, se proprio hai bisogno chiama. così mi tocca nuotare, spesso improvviso, mi arrangio, alcune cose me le imparo da solo, e mi arrabatto alla meno peggio cercando di non fare troppi danni.
ma nonostante tutte queste difficoltà, ingigantite come sempre enormemente dal coefficiente linguistico, devo dire che mi affascina moltissimo la sfida di gestire e portare avanti un intero negozio praticamente da solo, in questo stimolante connubio di lavoro manuale e manageriale: è divertente avere a che fare con budget, fogli cassa, ordini, fornitori, inventari, e farlo con le mani impiastricciate di colla, avendo nel naso l'odore della gomma e nelle orecchie il rombo del nastro abrasivo.
ero convinto che i calzolai e i ciabattini fossero in via d'estinzione (a milano me ne viene in mente soltanto uno, ma solo perché era sotto casa), e che riparare scarpe fosse uno di quei gesti d'altri tempi, appartenenti definitivamente al passato, come aprire un atlante stradale o entrare in una cabina telefonica: gesti condannati all'oblio dal progresso e sacrificati sull'altare del consumismo occidentale. invece ho scoperto con meraviglia che c'è moltissima gente convinta che sia meglio far riparare un paio di scarpe vecchio piuttosto che buttarle via e ricomprarne un paio nuovo, un ragionamento che mi sembra quantomai lungimirante e salvifico per il mondo.
mi piace constatare come la ripetizione di ogni gesto porti ad affinarlo e ottimizzarlo ogni volta un pizzico di più, in una lenta ma costante opera di perfezionamento, come se l'abilità artigianale avesse bisogno di essere coltivata come una pianta, innaffiata con tempo, pazienza e dedizione. (ok, questo in linea teorica, le piante affidate a me di solito hanno vita breve, e in effetti per ora, nonostante l'impegno e l'abnegazione non è che abbia affinato un granché, sti maledetti tacchi il più delle volte continuano a venirmi storti).
accanto a tutto ciò ho iniziato a capire come districarmi nel complesso e variegato mondo della duplicazione delle chiavi. ci sono circa diciassettemila tipi di chiavi diversi (non è un modo di dire, sono proprio così tanti, ed è una cifra che mi lascia sempre a bocca aperta) e a volte riuscire a identificare la chiave giusta da copiare è una vera e propria impresa: è incredibile come a volte dietro agli oggetti che usiamo tutti i giorni, che diamo per scontati nella loro semplicità di utilizzo, si celino vastissimi universi di conoscenza e specializzazione.
mi piace ingegnarmi a trovare la soluzione giusta per riparare un oggetto (mica solo scarpe, spesso arrivano sul banco le cose più disparate, e che ci crediate o meno a volte sono necessarie notevoli capacità di problem solving per venirne a capo), e mi piace quando qualcuno è felice e gli occhi gli brillano perché la soluzione è stata efficace, e non è ancora giunta l'ora di buttare il loro oggetto preferito. così accanto ai clienti che vorrebbero tirarmi una scarpa in testa ci sono anche quelli che per ringraziarmi mi portano caffè (che poi mi tocca bere), dolciumi o piccoli regali. poi trovo molto bello poter scolpire ed incidere sulle cose la vita delle persone, e trasformare oggetti in ricordi che provano a sfidare il tempo: le nascite, gli addii, le amicizie, i rapporti di lavoro, le nuove case, e naturalmente gli amori, che tentano di racchiudere in un lucchetto o in un braccialetto il loro desiderio di eternità.
ecco a volte li invidio, quelli con i dottorati e quelli con la carriera, quelli che sono esperti di qualcosa, o bravissimi a farla. a volte invece no: spesso sono semplicemente felice della mia collezione di esperienze, seppure sfilacciate e senza direzione, e dell'imprevedibilità della mia traiettoria. mi piace moltissimo l'idea di poter accumulare conoscenze diverse, entrare in contatto con mondi lontanissimi fra loro, imparare sempre cose nuove, che non sapevo e mai avrei immaginato di poter sapere. f

csxqp: reinhard mey - "die schuhe"

domenica, ottobre 01, 2017


i miei tempi sono lunghi, perché tutto va soppesato, ponderato, valutato, sia che si tratti di un acquisto che di un sentimento. c'è sempre da riflettere, pensare, interrogarsi: sto facendo la cosa giusta? ne sono sicuro? o sto correndo troppo? è la mancanza di leggerezza, il modo in cui troppo spesso affronto la vita, dal lavoro alle relazioni. guai a concedersi troppo, a lasciarsi andare, ad osare. meglio tenere un profilo pacato, modesto, e nascondersi, rendendosi invisibili. sono così, ma questa è la strada di chi ha deciso di buttarsi via, di perdersi qualcosa, di vivere a metà. se invece voglio essere felice, e dare una svolta a questa esistenza, forse è il momento di apportare qualche cambiamento. sinceramente non è una cosa che ho pianificato, non si è accesa nessuna lampadina, ma ora, guardandomi indietro, riesco a vedere che qualcosa sta succedendo… sono diverso. finalmente non ho più paura di seguire le mie idee, di chiedere cosa voglio, di farmi vedere, di parlare. mi innamoro, ci provo, faccio lo stronzo, mi ravvedo. l'idea che cullo è di poter rincasare ogni sera stremato, e addormentarmi vestito con la luce accesa.
in questa rivoluzione ho incontrato una ragazza, con cui confrontarmi, discutere, appassionarmi. mi piace, e non mi piace, la voglio, ma la respingo. mi allontano, e si avvicina. sono geloso, ma non ci esco. mi manca, ma la ignoro. non mi faccio trovare, ma la vorrei sentire. mi chiama, e non le rispondo. la vorrei avere vicino, ma non la invito. mi fa sorridere, ma anche incazzare. ha un carattere aspro, ma sa esser molto dolce. è tutto e il contrario di tutto.
le sto chiedendo molto, di avere pazienza, perché c'è ancora una parte di me che vuole capire, approfondire, avere la certezza, che quello che stiamo per iniziare ha senso. mi dice che a priori non si possono avere convinzioni, che le sicurezze si costruiscono col tempo, e che bisogna buttarsi, o forse affidarsi a quell'irrazionale mal di pancia, che ti fa intuire che la direzione è quella giusta. e allora seguiamo l'istinto, i sentimenti, il sogno di quello che potremmo essere e che ancora non siamo. y

clxqp: douglas coupland - "miss wyoming"