tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, giugno 25, 2017



ho sempre bisogno di tempo, quando le cose non vanno, o comunque quando c'è da prendere una decisione difficile. ho bisogno di tempo per riflettere, ponderare, stabilire una prospettiva. ho sempre bisogno di più tempo di quanto non ne abbia a disposizione, non importa quanto esso sia. ho sempre bisogno di tempo per mettere un punto, per capire, per digerire: senza per altro mai avere la soddisfazione di un nuovo paragrafo, di un'illuminazione, o di un rutto. sì, perché alla fine, forse per l'età, ormai veneranda, che ottunde il mio pensiero, o forse per la pigrizia, da sempre innata, che zavorra i miei movimenti, di tutto questo tempo alla fine ne spreco moltissimo, e spesso passo il tempo a pensare che tanto c'è ancora tempo, a rassicurarmi che per riflettere, ponderare e stabilire una prospettiva, di sicuro ci sarà un altro momento, migliore di questo. non sarei più io se non lo facessi: temporeggio e aspetto (cosa, non lo so bene nemmeno io): ma la verità è che il tempo passato a elaborare una mossa è, per forza di cose, tempo passato a non farne una.
così rimando, e rimando ancora, e quando con fatica riesco ad arrampicarmi sulla collina dei recenti avvenimenti e provo dall'alto a valutare l'ampiezza del disastro, il fumo che ancora si innalza dalle macerie mi rende impossibile percepire l'esatta estensione della mia sventura e della mia dabbenaggine. non sarei più io se non lo facessi: come prima cosa mi autocritico: ma ovviamente mi ci vorrà tempo (ancora lui) per comprendere fino in fondo i dettagli dei miei alibi e delle sue ragioni. intanto affogo in un torrente in piena di lacrime inutili e perdo i pezzi un po' dovunque, mentre il panico mi mette le mani alla gola e comincia a stringere forte. qua e là, scampati alla deflagrazione, incisi su steccati di zucchero, ci sono cuoricini, palloncini e fiorellini: erano le cose che sapevo fare meglio, non fosse che non servono a niente quando si tratta di proteggere, di difendere, di comunicare davvero, o di vincere le battaglie. un giorno mi piacerebbe, saper fare davvero bene qualcosa.
questo post ha preso una piega strana, sarà l'umore instabile, la scarsa lucidità, la stanchezza cronica, i pensieri sempre rannuvolati, gli occhi gonfi. la porta si è chiusa violentemente e avevo lasciato le dita sullo stipite. ho perso la direzione, annaspo nel vuoto, scivolo, continuo ad affogare, cerco un appiglio nelle parole degli amici, quelli che sono qui e mi abbracciano forte, quelli che mi telefonano, quelli che mi scrivono, quelli che si offrono di venirmi a trovare: come sempre in momenti come questi sono una fonte inestimabile di prezioso e inatteso conforto, dolce stupore che infonde coraggio. non sarei più io se non lo facessi: cerco di pensare positivo: la prossima volta fa(lli)rò meglio. ma forse l'unico modo di andare davvero avanti è dar retta al vecchio saggio: quello spettacolo l'ho visto, è stato luce, colore e poesia, giochi e risate da non poterle contare, e nessuno me lo toglie, anche se è stato l'ultimo e ora non posso più guardarlo: sarà sempre con me, in tutta la sua immensa meraviglia. è stato semplicemente stupendo farne parte, viverlo ogni giorno, e respirarne fino in fondo ogni suo istante.
che l'amore finisca, se anche solo la distanza di un granello di sabbia lo allontana dall'infinito. f

csxqp: roberto vecchioni - "l'ultimo spettacolo"