tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

sabato, novembre 05, 2022


Erano anni che avevo in testa l’idea di frequentare un corso di ping-pong. Non ero sicuro ce ne fossero, e infatti dalle ricerche non era mai emerso nulla. A tempi alterni avevo scandagliato il web, i corsi del comune, controllato i programmi dei vari centri sportivi, ma niente, sembrava che nessuno ne organizzasse, né che ci fossero strutture o associazioni dedicate a questa disciplina. Così per diverso tempo mi sono limitato a fantasticare, continuando nella saltuaria pratica da amatore là dove capitava: al parco, a casa di amici, in vacanza e ovunque ci fosse disponibile un tavolo e un avversario. Ma questa primavera qualcosa è successo. Nella periodica ricerca su internet ho finalmente trovato quello che stavo cercando, un gruppo sportivo che avesse in programma il tanto desiderato corso. Il fatto che si trattasse di un contesto di nicchia, poco strutturato e pubblicizzato, era palese, e il loro sito ne era la conferma. La prima impressione fu tutto fuorché incoraggiante: la pagina web non veniva aggiornata da mesi, l’impaginazione era approssimativa e tutto appariva un po' improvvisato e raffazzonato. Le premesse non erano molto confortanti, e nella mia mente già si affollavano dubbi e incertezze. Però mi feci coraggio, e dopo mille ripensamenti presi l’iniziativa e scrissi un’email. La risposta arrivò il giorno stesso, molto scarna, ma con il link per l’iscrizione e l’indicazione dell’iban. In quel momento i corsi erano terminati e la nuova stagione sarebbe iniziata solo dopo l’estate. L’unica cosa chiara era la richiesta del bonifico e del certificato medico, mentre nessuna specifica era presente sul dove e sul quando i corsi si sarebbero tenuti. Approfondendo la ricerca sul sito, ricco di informazioni spesso obsolete, avevo intuito che la palestra si trovava a pochi passi dall’ufficio, cosa che mi entusiasmava non poco, ma che per lavori di ristrutturazione si erano spostati in zona loreto, cosa che invece mi appassionava assai meno. Più riuscivo a recuperare dettagli più provavo sensazioni contrastanti. Avevo finalmente trovato quanto desideravo ma ero colmo di dubbi e ripensamenti: chi era questa associazione? potevo fidarmi? avevo veramente intenzione di vincolarmi per un anno? Per qualche settimana misi tutto da parte, momentaneamente in attesa. Avevo bisogno di tempo, non volevo decidere subito, impegnarmi per una cosa che avrei forse iniziato dopo oltre tre mesi. Prima era meglio godersi le ferie, prendersi una pausa di riflessione, e solo dopo vedere il da farsi. Ero insomma entrato nel solito loop di ragionamenti di chi cerca un pretesto per non fare una cosa, di chi dice vorrei ma non posso, o almeno non ancora, perché non sono convinto, ho timore, sono indeciso, ci devo pensare o forse perché sono solo semplicemente pazzo. Così sono partito per un trek in Portogallo, lungo le sue scogliere a picco sull’oceano. E qui ho colto un segnale che non potevo ignorare. Una delle strutture che ci avrebbe ospitato aveva un tavolo da ping-pong. La sua vista accese l’entusiasmo di tutti, e da appassionato non mi feci pregare. Giocai oltre un’ora, con la convinzione di potermi esprimere ad un livello accettabile, ma alla fine persi, nonostante avessi dato fondo a tutte le mie abilità. Lottai punto su punto, difendendomi bene, ma non fu sufficiente. L’avversario si dimostrò più esperto e preparato, e così batterlo si rivelò impossibile. Fu lì, davanti a quella sconfitta, che maturò la decisione: mi sarei impegnato con più dedizione, e rientrato in Italia non avrei più tentennato, mi sarei iscritto al corso, parola di lupetto.

Sentivo il bisogno di imparare, l’ambizione di migliorarmi, volevo fare un passo oltre quella formazione da autodidatta che mi ero costruito nel corso del tempo. Avevo trascorso tutta la vita giocando d’istinto, da semplice amatore, ma era arrivato il momento di alzare l’asticella, conoscere le regole, apprendere le tecniche, confrontarmi con chi mi avrebbe potuto insegnare e correggere. Tornato a Milano inoltrai la richiesta d'iscrizione e feci il bonifico. Per il certificato medico invece ci volle più tempo, un po' per colpa del mio medico di base, un po' per colpa mia che non digerivo l’idea di spendere 50 euro per un foglio di carta scarabocchiato. Consegnato anche questo ricevetti un'email di conferma, avrei partecipato al corso! Mi sarei dovuto presentare in Bovisa il primo martedì di ottobre, alle 18.30, presso la chiesa parrocchiale del quartiere. Quel giorno arrivò in fretta, come anche la comunicazione che causa ritardi nei lavori di ristrutturazione la palestra era ancora inagibile. Attesi così un’altra settimana, ma alla fine tornò ad esser martedì. Ero entusiasta e irrequieto, impaziente, come un bambino il primo giorno di scuola. Carico di aspettative mi affacciai all’ingresso, chiedi dove fossero gli spogliatoi, e come funzionasse la lezione e tutto il resto. Salutai gente che non conoscevo, e con un poco di esitazione mi disposti lungo il tavolo per prendere dimestichezza e far valutare il livello. Trascorsi un’ora e mezza giocando così come avevo sempre fatto, cercando riscontro nell’insegnante, e tentando di capire se stavo seguendo le regole. Faticai, mi espressi al massimo del mio potenziale, difendendomi, ma trovando spesso avversari più forti, con cui persi, ma sempre cercando di mantenere compostezza e sorriso. Giocai con tutti, giovani e anziani, agonisti e principianti, con allievi dall’ego smisurato, che ci credevano anche troppo, ma anche con chi si voleva semplicemente divertire imparando, come me. Mi presi una pallina sul viso, e ogni tanto, a qualche punto segnato, feci il pugnetto, più per sdrammatizzare e strappare una risata che per gioire veramente. Il maestro mi riprese perché portavo delle scarpe tassellate, che a suo dire rovinavano il parquet. Mi disse che l’impugnatura non era corretta e che la racchetta non andava bene. Pensare che proprio in previsione di questo corso avevo deciso di regalarmene una più moderna, e forse performante, abbandonando quella tanto amata che per oltre vent’anni mi aveva accompagnato in ogni partita. Finita la lezione tornai a casa in bicicletta, sfinito ma contento. Avrei forse voluto avere qualche indicazione maggiore, essere seguito e indirizzato, ma è anche vero che era la prima lezione, e tante ne sarebbero seguite. Meglio iniziare a concentrarsi su come tenere correttamente l’impugnatura, e prendere confidenza, perché al momento non la trovavo ne comoda ne funzionale. 
La seconda lezione seguì la stessa traccia della prima, riscaldamento e partite, con l’insegnante più interessato a parlare al telefono che a seguire noi allievi. Inoltre, nei pochi momenti d'interazione, c’era un suo costante ripetersi circa la possibilità di acquistare racchette e custodie. Questo continuo dilungarsi su questo aspetto, e la sua totale mancanza di attenzione e partecipazione, mi lasciarono alquanto perplesso. Mi sembrò un approccio poco serio e professionale. Forse dovevo avere solo pazienza, l’insegnamento richiede metodo, e io probabilmente volevo affrettare i tempi. Mi aspettavo di avere un allenatore che mi guidasse, mi insegnasse le basi e mi correggesse laddove sbagliavo. Ma per queste prime lezioni niente, dovevo accontentarmi di giocare così come avevo sempre fatto, come se fossi al parco con gli amici. La delusione era palpabile, e il valore aggiunto del corso pari allo zero.
Con questi pensieri in testa, ma cercando di mantenere un po' di entusiasmo e positività, chiesi se fosse possibile recuperare una lezione che sicuramente avrei perso. La segreteria mi rispose che l’unico spazio disponibile sarebbe stato il venerdì, alle 21.30, il che, pensandoci bene, avrebbe voluto dire fare avanti e indietro dal lavoro due volte. Dopo una notte di riflessione confermai, bloccando il posto. Ero determinato, il mio obiettivo era migliorare, e volevo sfruttare ogni occasione, anche se questo voleva dire fare dei piccoli sacrifici.

Così arrivò anche quel venerdì. L’insegnante era diverso, e anche il metodo. Dopo avermi visto fare un paio di scambi mi prese da parte, mi fece vedere come impugnare correttamente la racchetta, come posizionarmi al tavolo, come gestire le gambe e tenere le braccia. Una volta appresi i rudimenti si mise sul lato opposto al mio e iniziò a battere in modo che io potessi rispondere di rovescio. Poi mi insegnò il dritto, e via un’altra sfilza di palline, fino a quando non fu sicura che avessi capito. A questo punto ero pronto per confrontarmi con gli altri, facendo esercizio, ripetendo lo stesso movimento, all’infinito. La lezione andò avanti così, con lei sempre presente, pronta a dare un consiglio, o correggere uno sbaglio. Ero finalmente soddisfatto, sorridente e appagato. Avevo trovato quello che cercavo, l’insegnante che sognavo, e così le chiesi se c’era qualche possibilità di frequentare il suo corso. La sua risposta non mi diede certezze, avrei dovuto domandare alla segreteria. Per tutto il fine settimana mi abbarbicai pensando alle parole giuste per formulare la richiesta. Non volevo essere lamentoso o drammatico, e neanche indisponente, così optai per la semplicità. Il lunedì mattina scrissi e nel giro di pochi minuti ebbi il responso. Mi confermavano che da quella settimana avrei avuto il corso di venerdì. Fu un sollievo. Ero felice, non desideravo altro. Potevo finalmente cominciare la pratica seriamente, e lasciarmi alle spalle un inizio deludente. y

csxqp: coma cose - “un meraviglioso modo di salvarsi”