tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, ottobre 31, 2021

 

 

in questi ultimi tempi ho finalmente preso la decisione, a malincuore e mio malgrado, di sostituire con un nuovo cellulare i miei due vetusti telefonini, uno italiano e uno tedesco, diventati col tempo entrambi due vecchi e bolsi ronzini, ormai lenti, stanchi e incapaci di reggere il peso e i requisiti imposti dalla modernità galoppante. così ho girato in lungo e in largo i ranch della zona, cercando non tanto un mustang selvaggio dalle prestazioni straordinarie, quanto piuttosto un affidabile destriero capace di accompagnarmi, senza troppe pretese, nella vita di tutti i giorni. devo ammettere, uscendo da questa metafora dei cavalli che mi ha un po' preso la mano, che sono rimasto sorpreso nel constatare che quello che cercavo, incredibile a dirsi, non c'era: avevo questa idea della tecnologia come qualcosa di tanto più prezioso quanto più in grado di ridurre le dimensioni delle cose, per renderle tascabili, compatte, portabili ovunque senza sforzo, e partendo da questo presupposto cercavo un cellulare che fosse grande al massimo come quelli che mi portavo dietro ormai da quasi un decennio: l'idea, che mi pareva sensata, era poi quella di infilarci dentro entrambe le sim e liberare in un colpo solo un sacco di spazio nelle tasche dei miei pantaloni.
l'amara e deludente realtà dei fatti è però un'altra, ovvero che per quanto mi sia sforzato di cercare non mi è stato possibile trovare un cellulare fatto per stare comodamente in tasca insieme al portafogli: gli smartphone sono diventati tutti enormi, ingombranti, mastodontici, scomodi perfino da tenere con una mano sola, e gli schermi giganteschi li fanno assomigliare più a dei tablet in miniatura che a dei veri e propri cellulari. si, va bene, la smetto, lo so, sto esagerando, è ovvio che nel tempo lunghissimo in cui ero girato e guardavo altrove il mondo dei cellulari sia cambiato: oggi si usano per guardare film e serie tv, e per giocare ai videogiochi, così per forza di cose lo schermo deve essere più grande di quanto non serva a me, che lo utilizzo al massimo per giocare a scacchi o per consultare il televideo.
insomma non mi è rimasto altro da fare che prendere atto, con un pizzico di incredula inquietudine, dello scarto enorme fra il vecchio e il nuovo paradigma: l'idea stessa di cellulare e i bisogni ad esso associati sono profondamente cambiati, la praticità è stata sacrificata sull'altare di netflix ed io, come al solito sordo e insensibile a qualunque mutazione del mondo circostante, questa mutazione non l'ho nemmeno registrata, o intercettata per sbaglio, e mi sono sentito quasi un po' come se, invece di un cellulare di ridotte dimensioni, stessi cercando un telegrafo (wilma, passami la clava).
la fine della storia è che sono stato costretto a comprare un cellulare enorme, ci metterò le app senza le quali è impossibile andare avanti, e, appena fattele tagliare, anche le sim (anche se poi qualcuno a questo punto mi dovrà spiegare il dannato bisogno di fare sim sempre più piccole, le mini, le micro, le nano, per cellulari sempre più maxi, macro, giga): mi ci abituerò presto come è giusto che sia e la smetterò di lamentarmi, almeno fino a quando non dovrò cambiare il computer, anche lui ormai bolso ronzino sempre più acciaccato e con il fiato corto, e dovrò sfogarmi maledicendo il fatto che non li fanno più con il masterizzatore incorporato, nemmeno con il lettore cd, orrore orrore, mondo crudele, fanculo spotify, ecco.
la verità è che questo mio inossidabile ancoraggio al passato, più che rendermi fiero, mi spaventa moltissimo: come se il mondo girasse e io avessi in qualche modo smesso di farlo, come se le cose cambiassero e avessero smesso di avvertirmi, come se quelle che credevo certezze lo fossero state ma soltanto per un attimo breve e impalpabile, come se fossi diventato un fossile, cristallizzato nelle proprie convinzioni e incapace di aggiornarle. probabilmente finirò per essere (se non lo sono già) un vecchio brontolone, confuso e spiazzato dalla modernità e rassegnato all'idea di non riuscire a comprenderla, uno di quelli che guardano i cantieri con le mani dietro la schiena, bofonchiando e scuotendo la testa, in un perenne e incessante borbottio, ai miei tempi si faceva tutto meglio, gioventù debosciata, di questo passo dove andremo a finire. f

csxqp: francesco de gregori - "bufalo bill"

sabato, ottobre 09, 2021

 

 

dai su, levati dal cazzo, ma tutti a me devono capitare oggi?
(si ma stai calmo, non ti scaldare, lascialo svoltare in pace)
non ci posso credere, un altro cantiere, ma è una congiura questa
(ringrazia che facciano manutenzione, in molte città italiane le buche diventano presto voragini che inghiottono le macchine)
si però muoviti, mi stanno cadendo le palle, santo cielo, ma quanto è lento questo?
(senti da che pulpito, hai parlato proprio tu che sei sempre un bradipo qualunque cosa tu faccia)
e bravo il mio coglionazzo, bella manovra, vuoi anche l'applauso?
(guarda che ha fatto soltanto un'inversione a u, in un punto in cui peraltro è lecito farla)
ormai ho messo il cofano davanti, col cazzo che ti faccio cambiare corsia
(convivenza civile, mai sentito il concetto? qualcuno la prossima volta farà passare te, funziona così)
dai che il semaforo non è ancora rosso, una bella accelerata e lo brucio, che dritto che sono
(si, ma quando ti beccherà una telecamera e ti faranno una bella multa non venire a piangere da me)
si stavolta ti è andata bene, ti lascio passare, sarò magnanimo, ma la prossima volta stai sicuro che ti sperono
(vabbè, questa è talmente stupida che non te la commento neanche)
forza, su bello, animo, pedala, non è che siamo tutti qui ad aspettare te
(ora non ti riconosco davvero più, proprio tu te la prendi coi ciclisti)
due gocce di pioggia e diventate tutti conigli, ma santo cielo, se avete paura di guidare statevene a casa
(la scarsa visibilità impone prudenza, ci puoi anche arrivare da solo)
tutti intruppati in fila, ma non ce l'avete un lavoro, branco di fannulloni, che accidenti ci fate tutti in giro in macchina a quest'ora?
(ci sei pure tu, o sbaglio?)
suca!
(e dai però, su, un po' di contegno)

è da un po' di mesi che sto andando tutti i giorni a lavoro in macchina. in generale non mi pesa affatto, soprattutto perché ormai conosco il percorso talmente bene che potrei quasi guidare ad occhi chiusi, e poi perché andare in macchina rappresenta un'occasione perfetta per ascoltare musica, ogni settimana un cd diverso dalla mia ormai ciclopica e anacronistica collezione.
ultimamente però, forse per via di qualche rallentamento di troppo sul percorso, e per essermi ritrovato invischiato in colossali ingorghi apparentemente ingiustificati e senza speranza, mi sono accorto di essere più irascibile e meno indulgente del solito. non è nemmeno un periodo particolarmente stressante, perciò non ho davvero nessuna giustificazione plausibile per questi sprazzi di mister hyde che ogni tanto prepotentemente vengono fuori: mi sorprendo a imprecare e a smadonnare impaziente, posseduto dall'arroganza solipsista di essere l'unico a dover effettivamente andare da qualche parte, come se fosse soltanto il mio il tempo prezioso che viene sprecato. insomma gli altri mi sono solo di intralcio: sono sempre pronto a reclamare diritti senza concederli al prossimo, e senza farmi carico dei corrispondenti doveri.
dura un secondo, un secondo soltanto, ma c'è: mister hyde è lì, e ogni tanto salta fuori. per fortuna il dottor jekyll non si scompone ed è sempre pronto a calmarlo, a rimettere le cose in prospettiva, a ripetere che la pazienza che devo avere con gli altri è sicuramente inferiore a quella che gli altri devono avere con me, e che nel bilancio globale sono e sarò probabilmente sempre in debito. chissà quante volte sono io, magari senza nemmeno accorgermene, di intralcio a qualcuno, e non solo sulla strada ma anche al lavoro per esempio, o, per dire, al supermercato, o in qualsiasi relazione interpers...

bla bla bla, al diavolo la pazienza, ma cos'è questo buonismo dei miei stivali, hai scassato veramente le palle, diciamolo, guidano tutti come cani, randagi per giunta, si meritano tutte le maledizioni del caso, e se davvero non possiamo speronarli almeno non li lasceremo passare, e che diamine, nemmeno al supermercato passeranno, al diavolo la pazienza, se non l'ho ancora detto
(sulla parete di un negozio di cose usate dove mi capita spesso di andare c'è appesa questa scritta, che trovo molto bella: sii gentile, ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui tu non sai nulla)
f

csxqp: beans on toast - "a whole lot of loving"