tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, febbraio 18, 2018



ricordate nel nostro corto tutta quella ammorbante tiritera su (cito a memoria, anche se è in effetti un po' inquietante averlo ancora così stampato in mente) l'interlocutore silenzioso e amichevole a cui affidare la matassa spesso inestricabile delle emozioni e delle intuizioni? si trova poco dopo la metà, in un punto in cui anche lo spettatore meglio bendisposto è probabilmente portato a sbadigliare e guardare l'orologio, se non proprio all'impulso di scappare o tagliarsi le vene. beh, tutta questa premessa è per dire che siccome manca il mare, ad aachen, manca un fiume degno di questo nome, manca la possibilità di un panorama facilmente access… ok, la smetto, insomma, è per dire che in questa città c'è una piazza a cui sono molto affezionato, e che a suo modo ricopre un po' il ruolo di cui sopra.
si chiama katschhof (si, è scritto proprio così, con la doppia acca, che come la tripla esse è una bizzarra prerogativa ortografica della toponomastica locale), e pur essendo incastonata fra la piazza principale e una via di negozi, e non troppo lontana dalla zona nevralgica della vita notturna, ha il pregio di essere perennemente placida e tranquilla, spesso deserta, quasi imperturbabile rispetto a quello che le succede intorno. in realtà nelle epoche passate questo non è sempre stato un luogo ameno e rilassante, qualche tempo dopo il buon vecchio carlo magno (che di fatto lo creò, questo posto, delimitandone il perimetro con i suoi palazzi) qui si trovava la gogna cittadina, ma oggi nonostante la sua posizione così smaccatamente centrale vi si affaccia soltanto un museo, e non ci sono bar, tavolini, negozi o ristoranti a incrinarne la quiete: solo il duomo e il municipio la sorvegliano, immobili e fieri, uno di fronte all'altro, quasi si sfidassero, come in un vecchio western di sergio leone, in un duello all'ultimo sangue di storia e maestosità.
il fatto è che ultimamente mi capita sempre più spesso, dopo una giornata di lavoro, quando non voglio vedere nessuno o quando nessuno vuole vedere me, anche quando la stanchezza accumulata imporrebbe di tornare a casa a stramazzare sul divano, anche quando gli schiaffi pungenti del freddo cercano di dissuadermi, di sentire come un richiamo, un'attrazione magnetica, quasi un bisogno fisico di andarci, per lasciare che il suo incanto calmi per un momento i miei astratti furori.
mi ci avvicino sempre in punta di piedi, furtivo come gatto randagio, per non scalfirne in nessun modo l'atmosfera, e proprio come un gatto m'accoccolo sui gradini, dirimpetto al duomo, ogni volta nello stesso punto. poi annuso il vento, conto le stelle (quando come me riescono a vincere la timidezza, e a mostrarsi, squarciando le nubi) e provo a pettinarmi i pensieri: rifletto, elucubro, contemplo, fantastico, medito, pondero, e giungo sempre alla conclusione che in definitiva dovrei semplicemente pensare di meno. sono momenti in cui questa città mi sembra, nonostante tutto, bella e affascinante, e in qualche modo profondamente mia, una vecchia amica che non smette di stupirmi e (chissà poi perché) di volermi bene.
infine mi alzo, saluto la piazza cercando con un ultimo sguardo di abbracciarla nella sua interezza, e attraversandola per obliquo, a passo felpato così come sono arrivato, me la lascio alle spalle. non so perché ma quando me ne vado mi sento sempre un po' più leggero: è buffo come alcuni posti abbiano il potere, se non altro per un brevissimo e fugace istante, di rasserenare l'orizzonte. f

csxqp: kevin morby - "parade"

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