tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, agosto 23, 2020


Nella Val di Zoldo c’è una montagna che spicca fra le altre per forma e bellezza. I miei nonni sono cresciuti alla sua ombra e tutta la famiglia l’ha sempre guardata con ammirazione e affetto. Ha dominato ogni mia estate e in corridoio a Milano ne conservo una foto che la ritrae imponente e solitaria. Per noi il Monte Pelmo è più di una montagna, è semplicemente parte di noi, della nostra storia, dei sentimenti e delle tradizioni di cui siamo parte.
Quest’estate, complice mio cugino, ho deciso che era infine giunto il momento di abbracciarlo nella sua interezza, compiendone il giro completo. È paradossale come per decenni nessuno di noi si fosse mai avventurato lungo questo percorso. Le nostre camminate ne avevano più volte intrapreso la via, vuoi per arrivare a un rifugio, vuoi per conquistare una vetta, o raggiungere gli immensi prati da cui dominare la vallata. Ma mai ci eravamo spinti oltre quel confine immaginario rappresentato dai ghiaioni, lì dove volendo inizia l'ardua ascesa verso la cima. Questa ritrosia a proseguire era dettata non tanto dalla fatica, ma dalla mancanza di informazioni. Il sentiero, semplice ai più, era per noi profani fonte di incognite, dubbi e tentennamenti. Non avere testimonianze dirette ci aveva sempre fatto desistere, temendo di osare oltre il dovuto, e fare un azzardo. C'eravamo così rassegnati, ponendoci un limite, più mentale che reale, che negli anni si era rafforzato e ingigantito fino a farci volgere l'attenzione altrove. Ma il progetto era sempre lì, latente nei nostri pensieri, ed è bastato un accenno per scatenare l'entusiasmo e metterci seriamente d’impegno. Chiedendo ai locali le voci erano concordi, dicevano che tutto sommato era fattibile, c'era solo un passaggio complesso, esposto, ma attrezzato con un cavo d'acciaio. Con queste rassicurazioni ci siamo fatti coraggio, rinunciarvi non aveva più senso, bisognava tentare. Su un punto però eravamo concordi, nessuna pazzia, se ci fossimo resi conto che per noi era troppo non avremmo insistito, saremmo semplicemente tornati indietro, senza drammi o recriminazioni.


Presa la decisione abbiamo studiato l'itinerario e scelto il verso di percorrenza migliore, stabilendo il giorno e dandoci appuntamento all'alba. Il meteo era incoraggiante, e dopo aver fatto scorta di provviste abbiamo lasciato la macchina al passo, per iniziare subito la salita, lungo il ghiaione, diretti verso la forcella e il fatidico passaggio attrezzato che tanti pensieri ci aveva creato. Faceva freddo, il sentiero non era ben segnato, e la tenuta di un ginocchio mi preoccupava. Ho iniziato lento, bello coperto, aguzzando la vista, e piano piano ho trovato la via e la giusta condizione. Dopo la prima ora i dubbi sul ginocchio si erano dissolti, mi ero scaldato a dovere e procedevo spedito. Raggiunta la forcella, a quasi 2.500 metri, il vento soffiava e il sole aveva smesso di fornire calore. Non volevo indugiare, avevo fretta, volevo riprendere la marcia, scacciare l'ansia e affrontare quel tratto insidioso. La discesa è stata tecnica, ripida e sdrucciolevole, c'è voluta attenzione, e un passo saldo e deciso. Ho iniziato in testa, concentrato ma irrequieto, seguendo la traccia che reputavo migliore, senza mai guardarmi indietro. Rapidamente ci siamo avvicinati alle corde, al punto esposto e pericoloso, ma niente tentennamenti e determinati siamo passati oltre. C'era tensione, non paura, ma la consapevolezza di affrontare un passaggio delicato, dove prestare la massima cura. Percorsi quei pochi metri mi sono abbandonato ad un sorriso liberatorio, ero sollevato e soddisfatto, l'avevamo affrontato, superando timori e perplessità, e potevamo goderci la seconda metà del percorso, col miraggio del rifugio, e di un buon caffè corretto grappa.
E così è andata, in poco più di sei ore abbiamo completato il giro, ci siamo confrontati con noi stessi, con dubbi e incertezze, e ne siamo usciti stanchi e felici. y

clxqp: don winslow - "il confine"