tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

mercoledì, novembre 18, 2020

 


da ormai molto tempo, corroborata dall'osservazione pluridecennale dei miei comportamenti, ho maturato quest'idea di me stesso come di una persona che offre una strenua e coriacea resistenza ad ogni tipo di cambiamento, estremamente riluttante e recalcitrante a qualsivoglia modifica delle proprie abitudini.
da un certo punto di vista è innegabilmente vero: mi affeziono irrimediabilmente alle persone, ai luoghi, alle cose e alle situazioni, spesso molto più di quanto non dovrei, mi adagio nella mia dimensione confortato dalla consuetudine dei piccoli gesti ricorrenti, mi crogiolo nei miei riti e nelle mie manie, e quando mi si presenta la necessità di un mutamento fatico terribilmente a lasciarmi alle spalle ciò che mi circonda. si aggiunga poi questa circostanza aggravante: tendo a dar molto valore non solo alle persone, ma anche alle cose e agli oggetti che intersecano in modo positivo la mia esistenza, e a indugiare sui ricordi da essi generati. questo fa si che cose e oggetti poi si accumulino, implacabilmente, e che quando mi serve spazio non riesca a buttarli via, anche se logori e pulciosi o inutilizzati da anni, perché per qualche motivo mi dà sicurezza averli, e a loro modo raccontano un'epoca, o semplicemente evocano una precisa circostanza, magari un piccolo momento di gloria o il sorriso di un amico. ad ogni trasloco maledico puntualmente questo mio vizio e questa mia predisposizione inveterata all'accumulo compulsivo.
devo dire che una parte di me invidia molto quelli che accettano i cambiamenti senza doverci riflettere troppo, e sanno lasciar andare le cose con un'alzata di spalle e uno schiocco di dita. quelli che affrontano su due piedi traslochi, trasferimenti di lavoro e addii, e tutte le rivoluzioni del vivere quotidiano, né più né meno che come una piccola seccatura imprevista, allo stesso modo ad esempio di una giornata di pioggia o di un guasto alla caldaia (che infatti quando piove o mi si rompe la caldaia io tendo a innervosirmi non poco, lanciando contro il cielo interminabili sequele di inutili imprecazioni): ho molte volte scambiato il loro atteggiamento per insensibilità ma non credo si tratti di questo, ho il sospetto piuttosto che siano persone dotate di una praticità e di una sorta di consapevolezza zen di cui io sono, come ormai immagino sappiate, del tutto sprovvisto.
hanno dalla loro la versatile adattabilità di certe piante grasse, che non si fanno troppi problemi e dove le metti stanno, e prosperano. io invece mi rendo conto di essere albero ad alto fusto, e di sviluppare sempre radici estremamente profonde nelle mie abitudini, talmente forti da farmi sentire molte volte poco flessibile ed elastico, cosa che mi pare sia peggiorata notevolmente con l'avanzar degli anni. è molto probabile che di questo passo da vecchio sarò un rompiballe di prima categoria, di quelli che i nipoti assecondano rassegnati scuotendo la testa, e che borbottano a lungo se gli sposti la dentiera o se gli riordini le cose in modo sbagliato (lo faccio già adesso, a pensarci bene).
cionondimeno va detto anche questo, che mi sono trovato di fronte davvero molti cambiamenti nel corso della mia vita, mi sono trasferito più volte, in diverse città, e addirittura in un altro paese, ho cambiato molte case e sistemazioni, e ancora di più situazioni lavorative, e ognuna di queste mi ha regalato persone e circostanze che mi porto nel cuore: mi riconosco il pregio in tutte queste occasioni di essermi saputo reinventare, ogni volta meglio di quanto mi aspettassi, e di aver (quasi) sempre avuto lo spirito giusto per riuscire ad abbracciare queste metamorfosi, adattandomi bene alle sfide poste dal rinnovamento.
tutto questo per dire che i cambiamenti li temo e continuerò a temerli, mi infastidiscono e mi gettano nel panico, sono del tutto incapace di coglierne al volo i potenziali benefici, e avrò sempre bisogno di qualcuno, santo e folle allo stesso tempo, che mi sproni, mi supporti e mi sopporti mentre spicco il salto (e forse più che albero ad alto fusto sono in realtà edera che si arrampica, bravo a far proprie nuove certezze a cui aggrapparmi). così tentenno, impreco, temporeggio, enumero minuziosamente le ansie e i dubbi che mi assalgono, ma poi alla fine sono felice della nuova situazione, mi diverto ad affrontarla, mi trovo bene e non tornerei mai indietro.
ecco, è un periodo denso di cambiamenti questo, una nuova casa da costruire, una convivenza da inventare, e una diversa circostanza lavorativa sono alle porte, e daranno vita ad una nuova quotidianità tutta da scoprire. sono nella fase in cui vengo assalito dall'ansia, in cui mi opprime il senso di precarietà irrisolta tipico delle transizioni, e in cui l'affastellarsi soffocante delle incombenze mi getta nello sconforto. ma sono sicuro che sarà bello, che ne varrà la pena, e che alla fine questi cambiamenti mi renderanno felice.
una delle bici che vendiamo in negozio porta incisa sul telaio questa frase che mi piace molto, e che cerco di far mia: non guardare indietro, non stai mica pedalando in quella direzione. f

csxqp: frank turner - "little changes"