tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, agosto 08, 2021

 

 

dimenticato e irrisolto giaceva da tempo immemorabile nella remota oscurità di un cassetto: questo cubo di rubik me lo porto dietro da qualcosa tipo trent'anni, mi fu regalato non ricordo nemmeno da chi, ed è palesemente di scarsa qualità, le facce non girano sempre bene, i colori sono sbagliati e chissà come è già molto consumato. eppure la voglia di giocarci non durò sicuramente che qualche giorno, dopo averlo scombinato e provato invano a risolvere la frustrazione ebbe presto la meglio e lo abbandonai lì dove poi è sempre rimasto. ogni tanto nel corso degli anni, aprendo questo cassetto dove ho stipato una marea di cianfrusaglie e ciarpame di questo tipo, lo scorgevo e ci scambiavamo un rapido sguardo, lui sconsolato e affranto, io quasi chiedendogli scusa per averlo relegato ad un destino così triste. forse in un'altra vita, gli dicevo, se e quando avrò tempo. sai di mentire, sembrava rispondermi. tanto non sono capace, mi difendevo, prima di chiudere nuovamente il cassetto.
insomma immagino che il mio rapporto con il cubo di rubik sia comune a molti: un giocattolo estremamente affascinante, ma capace di trasformarsi in breve tempo in una macchina da imprecazioni prima, e nello specchio della propria ottusità poi. ciò che mi ha spinto a ritirarlo fuori dopo così tanto tempo e a darmi la voglia di riprovarci è stata probabilmente una serie di fattori: sicuramente ha giocato un ruolo la mia recente passione per la magia (il nesso è meno labile di quel che sembra, il cubo ha negli ultimi tempi acquisito una sua dignità di oggetto magico, affiancandosi a carte, monete e palline di spugna), ma non sono da sottovalutare né il fascino che non ha mai smesso di esercitare sulla mia curiosità e sulla mia smania di comprendere sempre come funzionano le cose, né la fastidiosa sensazione di una cosa non finita e lasciata a metà (non che non ci dormissi la notte, intendiamoci, però arrendersi di fronte a qualcosa è sempre seccante). ha dato infine il la a questo tentativo un documentario visto di recente sugli speedcuber, ovvero gente che, il diavolo solo sa come, riesce a risolverlo in appena una manciata di secondi (io prima di cominciare mi ero dato come limite massimo una manciata di settimane).
la faccio breve: la verità è che non sono mai riuscito a risolverlo perché farlo in modo del tutto intuitivo è una cosa maledettamente difficile, occorre essere dotati di una mente particolarmente brillante e incline alla matematica, e non è questo il caso. certo, non sono del tutto privo di capacità di astrazione, ma da sola non basta, e insomma a risolverlo così dal niente ci riescono davvero in pochi. così ho preso il cubo e mi sono messo davanti ad un tutorial per capire come si dovrebbe fare, temendo comunque di andare incontro alla perdizione, ovvero a ore di ostinato incaponimento per non riuscire comunque a cavare un ragno dal buco.
e invece, chi l'avrebbe mai detto, alla fine ce l'ho fatta, e non mi ci è voluto nemmeno troppo tempo. quando ho visto perfettamente allineati le facce e i colori e tutti i cinquantaquattro quadratini che compongono il cubo, allo stesso modo si sono allineate in me, quasi di getto, anche tre sensazioni distinte: la prima è stata ovviamente la gratificante soddisfazione che accompagna qualunque impresa portata a buon fine, anche quelle più irrilevanti come questa. non pensavo in cuor mio che sarei mai riuscito a vederlo risolto, così non appena terminato l'ho fotografato più volte da tutte le angolazioni, quasi incredulo di ciò che avevo sotto gli occhi. poi sono stato assalito da un vago e inestricabile miscuglio di gratitudine e colpa (non saprei come altro descriverlo) ovvero dalla consapevolezza che è un privilegio enorme poter avere a disposizione il tempo necessario per occuparmi di queste solenni sciocchezze, e in generale di tutte le cose che mi appassionano, e allo stesso tempo che forse non sarebbe sbagliato impiegarlo in qualcosa di meno superficiale. e infine mi si è affacciata alla mente una piccola e leggera ombra di delusione, perché alla fine il processo di risoluzione, a ben vedere, è estremamente semplice: si tratta solo di saper orientare il cubo ed eseguire gli opportuni algoritmi e sequenze di mosse. esistono altri metodi di risoluzione più avanzati e veloci dove l'estro e l'intuizione giocano un ruolo più importante rispetto a questo metodo per principianti, e magari mi ci dedicherò in futuro, ma insomma adesso sono in grado di farlo senza tutorial, trovo molto bello aver imparato qualcosa di nuovo, e per ora l'obiettivo, del tutto insperato, era in realtà soltanto quello di riuscire a vederlo risolto, e va bene così.
il che però ci porta dritto ai miei immancabili due centesimi di riflessione, che poi è il motivo per cui mi sono messo a scrivere tutta questa ridondante sbrodolata: mi è capitato, in questa insignificante occasione così come in tante altre ben più importanti, di notare che moltissime cose che sembrano insormontabili, che a volte nemmeno oso provare a fare, tanto paiono complesse e impossibili e irrealizzabili, quando poi per un motivo o per l'altro trovo la forza e la motivazione per accingermi a farle e toccarne con mano l'effettiva complessità si rivelano non dico banali, ma sicuramente per nulla difficili come mi ero prefigurato, spingendomi sempre a ripensare con biasimo e derisione al me stesso bloccato dai dubbi.
ecco, bisognerebbe sempre provare, e buttarsi, perché spesso le paure non fanno altro che ingigantire gli ostacoli: so che me ne dimenticherò presto ma voglio provare a ricordarmelo, la prossima volta che mi ritroverò a pensare "non ce la farò mai". f

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