tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

lunedì, gennaio 31, 2022

 

 

mi piace lasciarmi affascinare dalle copertine, dai colori, dalle immagini e da quello che evocano, e mi piace avere sempre a disposizione i testi delle canzoni nel libretto. mi piace dedicare alla musica il giusto tempo e la giusta attenzione, alzarmi dalla sedia, andare a prendere un cd e metterlo su, nel vero senso della parola, o portarmelo dietro per ascoltarlo in macchina, nel quotidiano oscillare fra casa e lavoro. mi piace pensare in termini di album nella loro interezza, e non di singoli. mi piace guardare le costine dei cd una di fianco all'altra negli scaffali (aiuto, ormai ho riempito ben tre billy), e per ognuna perdermi a ricordare il posto esatto e le circostanze in cui ne sono entrato in possesso. mi piace che quando qualcuno viene a trovarmi butti un occhio in questi scaffali, magari riconoscendosi nei miei ascolti, o magari semplicemente prendendo spunti per nuove scoperte, come ho sempre fatto io con gli scaffali degli altri. mi piace soprattutto la possibilità di essere sorpreso, l'idea di potermi ritrovare fra le mani qualcosa di bello e inaspettato: sapere che spulciando attentamente i polverosi negozi dell'usato sparsi in ogni dove e gli annunci di ebay potrebbe da un momento all'altro saltar fuori la chicca introvabile, il piccolo tesoro fuori catalogo, il bootleg leggendario, il live in edizione limitata, il tassello mancante che completa la discografia di un artista che mi piace, o semplicemente l'album su cui avevo messo gli occhi da tempo, oppure quello che chissà perché mi ispira, e merita una scommessa: mi piace lasciarmi trascinare dall'estro del momento, o anche solo da un prezzo davvero imbattibile.
qualche giorno fa sono stato alla fiera del vinile e del cd che si tiene con cadenza annuale nella città in cui vivo, e ne sono uscito con l'ennesimo live di uno dei miei gruppi preferiti. è stata l'occasione per chiedermi, cosa che ultimamente faccio spesso, cosa mi spinga a continuare imperterrito a collezionare cd, dal momento che esistono alternative molto più comode ed economiche, e meno ingombranti, per ascoltare praticamente tutta la musica che voglio. così credo che ci sia solo una semplice risposta dietro l'inossidabile e anacronistico ripetersi di questo gesto, dietro questa abitudine che mi tiene compagnia ormai da oltre venticinque anni: mi piace, mi fa stare bene, e mi diverte. f

csxqp: stiff little fingers - "live at rockpalast 1980 & 1989"

domenica, gennaio 09, 2022

la mia ex: Colnago superpista testa piatta

Il grande classico, una delle più iconiche nel mio immaginario, e l'unica che avessi mai veramente desiderato. Compagna di casa, più che di strada (lo so, dicendo questo sto ammettendo che di fatto non la meritavo), dopo sei anni ho deciso di lasciarla andare, non prima però di dedicarle un pensiero, perché per quanto rimanga un oggetto le riconosco un grande valore affettivo. 
Cercata con passione, comprata sulla baia, dopo un inizio burrascoso, legato ad una controversia con il venditore, l’ho infine adottata e fatta mia, amandola e coccolandola, fino a quando non ho capito che, per una qualche incompatibilità di fondo (probabilmente la taglia), non eravamo fatti l'uno per l'altro. Alla fine l’ho venduta, e questa è la sua storia.

Nel 2015 c’è stato un periodo in cui il mio desiderio più urgente era avere una bici a scatto fisso. Era diventata un’esigenza, necessaria e irrinunciabile, un pensiero capace di monopolizzare tempo ed energie. Conoscendomi però era chiaro che non volessi acquistare una bici qualsiasi, con un montaggio anonimo, ma qualcosa che mi appagasse visivamente ed emotivamente, un investimento capace di sedurmi il cuore e la mente. Con queste premesse la scelta non poteva che essere una, il non plus ultra delle fixed vintage, il modello più ammirato e riconosciuto a livello internazionale, ovvero una Colnago anni ottanta, una di quelle dalla federazione italiana di ciclismo, mezzi usati in velodromo per l’avviamento alle competizioni, di cui l’Italia è piena, ma a cui nessuno vuole rinunciare. Infatti dopo mesi di ricerche, che mi avevano condotto anche a Verona, non ero riuscito a trovare niente di allettante, segnale che chiunque l’avesse se la teneva stretta (o era disposto a privarsene solo a prezzi folli). Così alla fine mi ero concentrato sulle aste online, dove forse sarebbe stato più semplice trovare quello che volevo, al prezzo che avevo in mente. E così, controllando quotidianamente gli annunci, un giorno apparve finalmente l’occasione che stavo aspettando, e con un rilancio all’ultimo secondo, come l’esperienza mi aveva sempre insegnato di fare, mi aggiudicai una fantastica Colnago superpista. Mi arrivò in ufficio, in un cartone gigante, smontata e avvolta nella pubblicità di un supermercato. Ero felicissimo, trepidante all’idea di averla finalmente tra le mani, di possederne una anch’io, nonostante i problemi con il venditore, che mi spinsero quasi al punto di renderla e chiederne il rimborso. Quando alla fine decisi che l’avrei tenuta iniziai a lucidarla e montarla, avvalendomi anche dell’esperienza, e degli attrezzi, della ciclofficina che ormai bazzicavo da qualche anno. Fu anche il periodo in cui, da eterno insoddisfatto, iniziai la paziente opera di ricerca dei pezzi che mancavano per renderla impeccabile, ossia la componentistica campagnolo, che secondo le regole non scritte dei veri collezionisti avrebbe dovuto essere coeva al modello e al periodo storico. Furono anni di piccoli accorgimenti, acquisti mirati per raggiungere quella che nella mia testa era la perfezione. Ma se da un lato l’ammirazione per l’oggetto era completa e indiscussa, dall’altro era chiaro che dal punto di vista pratico pedalarla non mi dava la stessa gioia. Così rimase per diversi mesi in camera da letto, luccicante in tutto il suo splendore, e poi venne spostata in salotto, quasi come fosse diventata un semplice oggetto d’arredo. Ma nonostante questo apparente stato di abbandono continuavo ad amarla profondamente, a guardarla estasiato per la pulizia estetica, dettata dall’assenza di cavi, per la qualità dei dettagli, l’armonia delle geometrie, il bagaglio di storia che si portava appresso, che la rendevano perfetta anche nelle sue imperfezioni, perché erano il frutto di un vissuto, che andava ricordato, e non cancellato, come avrei potuto fare facilmente riverniciandola. Ma la scintilla non scoccò mai. Armato di brugola tentai ogni tipo di regolazione, per darle un assetto che mi rendesse soddisfatto, ma fu tutto inutile. Provai a cambiare il manubrio, a prendere una pipa corta che mi facesse stare più arretrato, un riser che mi permettesse di avere una posizione più eretta, delle pedivelle più lunghe per abbassare il baricentro, ma niente da fare, era sempre scomoda, indomabile, e bellissima. Per diverse sere, a notte fonda, uscii di casa per fare un giro, darle l’ennesima occasione, cercando di convincermi che l’amore per l’oggetto era talmente grande che privarmene non era possibile. Funzionò, e nonostante l’impossibilità di goderne appieno continuai a tenerla. Tornò protagonista l’autunno in cui Alessia divenne il centro del mio mondo. La usò nelle nostre scorrerie lungo il naviglio, dandole nuovo smalto, e arricchendone la storia di un altro tassello. Ma fu un fuoco di paglia, l’ultimo sussulto di un amore mai consumato fino in fondo. Dopo quei giorni tornò nell’ombra, a prender polvere fra le altre, principessa imprigionata in attesa del vero principe azzurro. Così la decisione, necessaria quanto sofferta, di venderla, ma ad un prezzo giusto, come si deve riconoscere a chi appartiene all’olimpo del ciclismo. Non era il momento migliore, il mercato risentiva della pandemia, e la passione per le fixed sembrava svanita, ma ero comunque convinto che un pezzo così carico di storia e prestigio non potesse aver perso valore. Dopo un anno riuscii infine ad avere quanto richiesto, accontentando un appassionato e rientrando di quanto investito a suo tempo. Penso ancora sia stata la scelta migliore, per tutti.

È una bici fantastica, spero abbia finalmente trovato chi possa apprezzarla appieno, più di quanto non sia stato capace io, così in pista come sulla strada. buon viaggio principessa! y

clxqp: giacomo pellizzari - “il carattere del ciclista”