tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

lunedì, febbraio 19, 2007




mi chiedo spesso se ciò che scrivo esaurisca il suo senso e la sua ragione d'esistere nell'essere scritto oppure abbia bisogno, per avere senso, di essere letto. so di scrittori e poeti che tengono molte cose nel cassetto perchè il loro fine sta tutto nell'averle scritte, e pubblicarle è un gesto inutile che non aggiunge nè toglie nulla al piacere (anzi, di più, alla necessità urgente) che hanno provato nello scriverle. per altri invece scrivere è un qualcosa che non serve assolutamente a nulla se non nel momento in cui raggiunge un pubblico, piccolo o grande che sia. perciò a volte mi chiedo se in quello che scrivo prevale la semplice e piacevole urgenza di concretizzare emozioni in parole, e dunque di mettere in ordine il caos che passa nella mia mente, oppure il bisogno di condividere queste emozioni, stupide o profonde non importa, con gli altri. in altre parole mi domando se nella scrittura sia più forte la sua valenza di terapia o quella di comunicazione. la verità, come in molte cose, è che non ci sono verità: dipende soprattutto da quello che si scrive. così ho scritto molti post che giaceranno forse per sempre nel mio computer, e ne ho scritti altri che avevo fortemente bisogno di pubblicare. ma mi vengono in mente due considerazioni aggiuntive, due ulteriori ragioni di esistere della scrittura. il primo senso è quello dato dal rileggere, a distanza di tempo, quello che si è scritto, per vedere come si era, cosa si pensava, come si è cambiati: la scrittura è come la musica, rivela davvero molto di ciò che siamo, attraverso non solo gli argomenti ma anche la scelta delle parole, delle costruzioni e delle citazioni consapevoli e incosapevoli. il secondo è il senso dell'interpretazione: se una cosa suscita in chi la legge sentimenti diversi, anche se in origine era pensata senza sfumature, allora forse non era una cosa banale da scrivere, e proprio per questo andava scritta: se non fosse stata pubblicata avrebbe perso il valore aggiunto, e quindi il senso, datole dalle senzazioni diverse di chi l'ha letta. volevo cancellarla, perchè non capìta, e dunque cattivo esempio di comunicazione, ma mi sono accorto che non avrebbe avuto senso farlo perchè si era arricchita di interpretazioni: cosa aspetti a farti trovare, ragazza che non ho? era una frase pensata così come è stata scritta, una domanda immediata senza una coloritura particolare, semplice nero su bianco. se voi ci avete visto il blu della malinconia, il rosso di una buona idea, e un beige disperato e patetico (e magari qualcun altro ci potrebbe vedere il verde della speranza, o il giallo della ricerca) allora scriverla ha avuto un senso e siete voi, i miei tre lettori, che gliel'avete dato. f

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