tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, gennaio 31, 2021

 

 

sto cercando in quest'ultimo periodo di ridurre il mio impatto ambientale. diciamola meglio: sono in una fase in cui sto provando a capire cosa posso concretamente fare per alleggerire la mia impronta ecologica, identificando le azioni che adottate nella pratica quotidiana possano essere utili alla causa.
ecco, è in corso un aggiornamento, un ripensamento, quasi una ricalibrazione del sismografo con il quale sono solito rilevare queste problematiche: mi sono sempre definito una persona sensibile al tema, ma ultimamente mi sono reso conto che tutta una serie di comportamenti che avevo acquisito e interiorizzato da tempo (tipo spegnere le luci inutili, differenziare e compattare meticolosamente i miei rifiuti, bere acqua del rubinetto, comprare il latte prodotto il più vicino possibile a dove vivo, e dare il mio voto a partiti che inseriscono le tematiche ambientali nella loro agenda politica), seppur lodevoli, non solo sono diventati insufficienti difronte alle rinnovate e sempre più pressanti emergenze del pianeta, ma si scontrano anche sempre di più con il mio lato pigro, acuitosi inevitabilmente con il passare degli anni, che rinuncia sempre meno volentieri alle comodità e diventa sempre più indulgente e lassista di fronte a possibili sgarri (mi concedo il vizio di fare docce lunghissime, ad esempio, mangio carne senza alcun rimorso e compro i pomodori a dicembre, e quando mi si bucano i calzini non mi faccio troppi problemi a buttarli e comprarne di nuovi. ho anche cominciato ad andare a lavoro in macchina). è chiaro che inquino più di quanto dovrei e che consumo la mia bella quantità di risorse: faccio insomma parte mio malgrado della più invasiva e infestante specie di parassiti conosciuta, il pianeta annaspa calpestato anche dal peso delle mie suole e mi pare urgente e doveroso cercare di fare qualcosa di più per migliorare la situazione.
insieme a v, che è dotata di una sensibilità su questi temi decisamente più spiccata e attuale della mia, abbiamo deciso, insieme a varie altre iniziative, di concentrarci sulla riduzione dei rifiuti che produciamo, e in particolare della plastica, materiale estremamente pratico e versatile, il cui intero ciclo di vita (dalla produzione, all'utilizzo spesso e volentieri improntato all'usa e getta, fino allo smaltimento) è però quanto di più gravoso e insostenibile ci sia in termini di impatto sull'ambiente. non scopro niente di nuovo: un pezzo di plastica è praticamente eterno e riciclabile solo con molta fatica, e l'onnipresenza ormai conclamata di questo materiale artificiale sulla superficie terrestre e negli oceani, che lo sta portando ad introdursi subdolo addirittura all'interno della nostra catena alimentare, è indice di un problema troppo a lungo rimandato, e ancora oggi, nonostante una crescente consapevolezza, ampiamente sottovalutato.
il mio sismografo ha rilevato solo ora questa scossa (con notevole ritardo, ma non è una novità), e quello che per me è nuovo è spostare l'attenzione del problema, e quindi la sua possibile soluzione, da valle (fare in modo che la plastica che non mi serve più finisca accuratamente differenziata nell'apposito contenitore) a monte (fare in modo di non averla proprio, della plastica che non mi serve più): l'idea è dunque quella di evitare per quanto possibile di mettere in circolo plastica che dopo pochi utilizzi (spesso dopo pochi minuti di utilizzo) abbia completamente esaurito la sua funzione, facendo leva sul potere del consumatore e identificando alternative più sostenibili: insomma, cercare di fare a meno il più possibile degli imballaggi usa e getta, comprando ad esempio nei supermercati frutta e verdura sfuse, portandosi dietro un contenitore in cui far mettere i cibi quando si vogliono prendere d'asporto, riutilizzando le buste per la spesa oppure autoproducendosi cosmetici, saponi e detersivi (qui v è molto più avanti di me, io non saprei da che parte cominciare), solo per dire alcune delle cose che si possono fare.
sento in tutto questo il riverbero di un'eco minimalista che trovo affascinante (e che sfiora tangenzialmente il tema del mio ultimo post): è sicuramente cosa buona per se stessi e per l'ambiente circondarsi di meno cose ma durature e che effettivamente utilizziamo nel tempo, e privilegiarle a scapito di quelle superflue e di scarsa qualità che non aggiungono valore e significato alla nostra esistenza.
come sempre in questi casi lo slancio ideale (che qualcuno potrebbe bollare come un po' gretino) è accompagnato dall'affastellarsi di innumerevoli domande: riusciranno questi stiracchiati propositi ad avere il sopravvento sulla mia indolenza? pecco di ingenuità o vale ancora la pena di battersi per migliorare il pianeta, foss'anche solo per donare una singola e minuscola goccia pulita ad un intero oceano contaminato dalle microplastiche? e quante gocce servirebbero per fare una massa d'acqua critica in grado di prendere il sopravvento? si tratta infine di una goccia giusta, o ci sono battaglie più meritevoli da combattere?
sono domande bellissime e complesse, e non ho le risposte. so però questo: mi piacerebbe che la mia piccola nipotina, crescendo, trovi il mondo un posto vagamente decente per viverci. ci provo, a dare il mio contributo. f

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