tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

mercoledì, aprile 27, 2022


 

oggi mi hanno mandato la tua prima foto, la prima che ti hanno scattato, ero al lavoro e mi sono emozionato, mi sei sembrata piccola e bellissima. ho pensato al passato, a tua mamma che era piccola e bellissima come te quando l'ho conosciuta, e al futuro, a quel gran casino febbricitante e disordinato che è il mondo che ti ha appena accolto, e al gran lavoro che tu e tua sorella avrete da fare per curarlo e metterlo in ordine.
mia dolce nipotina, ti auguro di tener fede al tuo nome così particolare e di essere sempre fuori dal comune, di saper agire oltre le correnti e le convenzioni, e di non aver mai paura delle strade poco battute. ti auguro l'armonia e la pazienza, di saper amare senza compromessi e osare senza rimpianti. ti auguro l'entusiasmo e l'ottimismo, e un'incrollabile fiducia nella bellezza delle cose.
ti auguro soprattutto un cuore che di fronte a questa bellezza, e alle stupefacenti meraviglie che ti aspettano, sappia ridere ed emozionarsi, battere sempre forte, e innamorarsi di tutto, anche delle piccole cose, il profumo del pane, l'abbraccio del sole, quello di un amico, una canzone, un libro, una nuvola che corre lontano.
benvenuta! f

csxqp: beans on toast - "stinging nettles"

lunedì, aprile 18, 2022

 


alto e dinoccolato, il naso parallelo al terreno, l'astronomo senza nome camminava oltre la città, constatando con sollievo che i brevi spazi fra un edificio e l'altro, almeno per una volta, non rivelavano la presenza di nubi. ringraziò il vento, e con il passo svelto di chi non teme di inciampare ancora si lasciò alle spalle le luci inutili delle vetrine, quelle melmose dei televisori che colavano dalle finestre, e quelle chiassose dei locali. era venerdì sera, e l'aria stagnante prigioniera nei polmoni durante i cinque giorni di apnea lavorativa poteva finalmente evadere dalla gabbia toracica, e confondersi in quella piccola fuga con quella che lo separava dal cielo. la primavera, l'invitata più attesa al ballo stravolto delle stagioni, era come sempre in ritardo, così, senza rallentare la falcata, si calcò il cappello fuori moda sui lunghi capelli grigi. finché, finalmente, eccolo, su un cavalcavia ferroviario di periferia, il buio che cercava.
si perse a guardare. poi con l'immaginazione trovò per terra un gessetto, lo raccolse, e con ampi movimenti del braccio incominciò a tracciare segmenti, unendo i puntini come in quel gioco che non manca mai sulla settimana enigmistica. ne collegò una gran quantità: progetti astratti, doveri improrogabili, intersezioni di binari, ricordi di gioventù, frammenti di discorsi, speranze ostinate, quisquilie e banalità assortite, l'illogica maledizione dei pezzi di carta colorati, le cose che finiscono senza avvertire, la bellezza dell'imperfezione e la sommessa paura per la casualità della propria traiettoria. collegò infine anche il tempo, che implacabile tritura ogni cosa, finché un ultimo tratto deciso lo portò a prendere in considerazione l'idea della propria morte, ma che diamine, scacciò subito quest'ultimo segmento, cancellandolo dal cielo con il dorso della mano e, non si sa mai, anche con un deciso gesto apotropaico che andava molto al di là della sua consueta compostezza. collegò tutto questo ma alla fine non apparve nulla, come sempre ultimamente, era una galassia di pensieri troppo nebulosa per essere osservata ad occhio nudo, insomma, sulla settimana enigmistica era tutto più facile. l'astronomo senza nome rimise accuratamente il gessetto dove lo aveva trovato, magari qualcun altro avrebbe saputo utilizzarlo meglio. chissà che effetto fa essere normali, pensò, è una frase in cui si riconoscono tutti.
gli venne in mente che si scopriva sempre più spesso stanco, forse per questo non si raccapezzava più in mezzo al caos, stanco di una stanchezza che desaturava i suoi furori e lo appesantiva, aggiungendo a mo' di zavorra blocchi e resistenze che prima non c'erano. decentrato, fuori fuoco, sentiva di perdere dei pezzi, senza sapere nemmeno quali. ecco, si sentiva proprio come ci si sente alla fine di un pasto pesante, vinto da un'indolente, svogliata e rassegnata spossatezza.
il vento, intanto, continuava a pulire l'aria e a smerigliare il paesaggio. sopra di lui, del tutto ignare, brillavano briciole sparse sulla tovaglia del cielo. f

csxqp: roberto vecchioni - "notturno"