tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, maggio 27, 2007




la prima cosa che il capo della curva ci dice appena il pullman parte è ragazzi questa è una partita tesa, chi provoca poi deve anche combattere, chi vedo a fare gesti e poi non è in prima linea le prende dopo da me, il gruppo deve restare compatto, se siamo compatti non le prendiamo, siamo solo in cinquanta e se andiamo giù in cinquanta è per tifare l'olimpia e onorare la maglia e altre cose del genere, in un italiano allentato dalla birra e condito da qualche bestemmia. io e i miei amici ci guardiamo, mi sa che non faremo gesti. la partita in effetti ha tutti gli ingredienti per essere tesa: rivalità storica fra noi e loro, se loro perdono escono, se noi perdiamo ci giochiamo tutto in casa nella gara di spareggio e non è una bella prospettiva visto che di solito queste partite tendiamo a perderle, e vorrebbe dire addio non solo al campionato ma anche al posto in eurolega per l'anno prossimo: insomma la partita è di quelle che valgono una stagione... non male, come presupposto per la prima trasferta della mia vita. che al di là di tutto il fatto che sia proprio a varese le regala un fascino particolare: l'odio verso varese è inferiore solo a quello, assoluto e incontenibile, per i porci canturini. l'attesa dunque è altissima, altro che il milan e la sua finale, per molti di noi la partita, l'unica che conta, è questa.
dopo aver arrancato stancamente nei tornanti in salita che portano a masnago (ma da quando varese è in montagna?), il nostro pullman scortato da svariate volanti, neanche fossimo dei serial killer in libera uscita, arriva finalmente al palaignis e ci deposita proprio all'inizio dei gradini che portano al nostro settore, in modo che il contatto con il mondo circostante il palazzetto sia il più rapido e indolore possibile. entriamo di corsa, sotto gli occhi torvi della polizia: il palaignis è stracolmo, come da copione bordate di fischi accolgono il nostro arrivo, il caldo è infernale... ed eccomi ultrà dell'olimpia, a torso nudo, sciarpa legata alla cintura, in piedi sui seggiolini, ad eseguire coreografie e cantare cori (dopo tre stagioni passate a bordocampo è tutto ancora molto divertente, tranne quando canti lo stesso coro per un quarto d'ora di fila: abbiamo un vasto repertorio, ma a volte i capi della curva attivano inspiegabilmente l'opzione loop). il caldo comincia a farsi insopportabile, per fortuna qualcuno tira dell'acqua, come ai concerti. la partita è bella, nel senso che controlliamo tranquillamente i primi tre quarti con un vantaggio che oscilla sempre intorno ai dieci punti, con grande sicurezza. troppa sicurezza. perchè improvvisamente la nostra amata squadra si ricorda che le parole "olimpia" e "tranquillità" per qualche strano motivo non si riescono a scrivere nella stessa frase, e comincia a perdere qualche pallone, sbagliare qualche tiro, fare qualche cazzata di troppo. se non si complica la vita non è più lei, e se non soffre non si diverte: varese ci mette l'entusiasmo e un parziale di 11-0, e ritorna sotto nell'ultimo quarto, sorpassandoci perfino, a due minuti dalla fine. i porc... e i vaff... si sprecano, la paura per qualche istante si fa palpabile nel nostro settore, il sangue ci si ghiaccia nelle vene e un brivido ci corre lungo la schiena: vabbè che fa un caldo torrido ma insomma, preferivo gli schizzi d'acqua.
il basket è uno sport magnifico. come le donne, è poesia in movimento. perchè il basket è razionalità, centimetri, tecnica, tattica, strategia, abnegazione, forza, statistica. è tutto questo ma quello che in fondo ti colpisce e ti affascina perdutamente è la sua sfuggente inafferrabilità, la sua imprevedibilità, la sua magia. giocando in trasferta, con il pubblico contro e l'inerzia della partita completamente in mano agli avversari l'olimpia impasta cuore e coraggio e decide semplicemente che è l'ora di non sbagliare più niente, tirando chissà come fuori dal cappello una vittoria che sembrava ormai persa. certo varese ci mette del suo sbagliando invece tutto quanto poteva sbagliare, in quegli ultimi due minuti, ma insomma, anche questo fa parte della poesia.
il resto è festa sugli spalti, che dura appena qualche secondo perchè bisogna correre per tornare al pullman, è diluvio che ci attende appena fuori, insieme al cordone della polizia che continua a guardarci storto, è la gente in strada che ci mostra il dito medio mentre noi rispondiamo maledetti avete perso vi brucia (cioè il concetto è questo, le parole ovviamente sono diverse), è il pullman che sulla maledetta salita di prima ci ha lasciato l'anima e la frizione e non può andare a più di dieci all'ora, è il capo che dice bravi ragazzi gruppo compatto mi siete piaciuti, è il sollievo per non aver dovuto menare nessuno, è il pensiero rivolto alla semifinale, è cantare cori per ingannare le quasi tre ore di viaggio che lente ci separano da milano. è l'emozione di una bella trasferta, la prima. f

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