tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

sabato, marzo 09, 2024

 


cose trovate per terra #1 
il bimbo immaginava la spiaggia come un enorme barbecue: le persone distese sulla sabbia rovente erano salamelle, costine o braciole, e il sole con gli occhiali da sole e il grembiule armeggiava famelico dall'alto con una grossa forchetta, cosa che peraltro spiegava perché alcuni passavano in men che non si dica dalla pancia alla schiena, o perché altri a un certo punto improvvisamente sparivano e non erano più al loro posto. con questi pensieri a frullargli in testa il bimbo raggiunse trotterellando il suo ombrellone, le monetine di resto in una mano, il gelato nell'altra. 
- cos'hai preso?
- un maxicono amarena menta e bacio, con ripieno di caramello salato.
- (smorfia) e quelle cose colorate lì sopra cosa sono?
- smarties.
- santo cielo, è terrificante.
- è buonissimo, nonna, non puoi capire.
- (ride) dopo una porcheria del genere ti ci vorrà almeno una settimana prima di poter rifare il bagno!
un lampo di preoccupazione squarciò il viso del bimbo. durò soltanto un attimo, appunto il tempo di un lampo: la nonna per fortuna non stava dicendo sul serio. che spavento, però. non si scherza su queste cose.
- beh ora corro a giocare, ci vediamo dopo.
- nient'affatto caro, appena hai finito di mangiare il gelato è qui che giochiamo.
- ma come nonna, ancora? dobbiamo proprio?
- si, dobbiamo, lo sai, non farmi ripetere le cose mille volte. un giorno mi ringrazierai: fra qualche anno potrai partecipare ai tornei sulla spiaggia, e ti servirà per conoscere gente. non sei nessuno senza le giuste relazioni: lo capirai meglio quando sarai grande.
- ma io sono già grande, nonna. e poi non ho bisogno di conoscere nessuno, ho già i miei amici. giacomo, tarek e tonino mi stanno aspettando, fra poco giochiamo contro quelli del tropicana. sono dei bulletti e dobbiamo proprio batterli, stavolta. nonna, credimi, è una questione di vita o di morte.
- si lo so, non piacciono nemmeno a me quelli. sono antipatici e arroganti come i loro odiosi genitori.  
- vedi? perciò dobbiamo dargli una lezione, nonna. ci siamo allenati tanto, e la partita di oggi l'abbiamo fissata da tempo.
- questo gioco però è più importante. senti, non fare quella faccia, facciamo qualche mano, e poi vediamo.
- ma nonna, protestò il bimbo.
- dai mescola le carte, e poi vediamo.
 - (sbuffa) poi sarà troppo tardi, nonna, sono quasi le tre, fra poco comincia la partita, devo proprio andare.
- mescola, e poi vediamo, ripetè la nonna, fissandolo dritto negli occhi, e accentuando le parole con severa e definitiva intenzione.
- uff, cavolo, e va bene.
- e non dire parolacce
- non ne ho dette, nonna.
- beh, non pensarle nemmeno (ride). te l'ho mai detto che è così che ho conosciuto tuo nonno? era una schiappa come te (sorride con tenerezza, gli occhi addolciti dal ricordo).
grazie tante, pensò il bimbo, le carte che ogni tanto aveva visto usare al nonno erano molto più facili da leggere di queste, c'erano i numeri comodi comodi scritti in alto e non bisognava sempre contare tutto: ci credo che anche lui fosse una schiappa con queste. per indispettire la nonna le chiese, come ogni volta, se le donne fossero uomini e andassero a cavallo. la nonna per tutta risposta abbassò un po' la testa in modo che il suo sguardo fulminasse il bimbo direttamente, senza passare attraverso gli occhiali. poi con un gesto rapido tagliò il mazzo. niente da fare, che palle, sono spacciato, pensò il bimbo. addio partita, mondo crudele, sono incastrato qui, i bulletti avranno la meglio e continueranno a fare i bulletti, chissà per quanto tempo.
poi, mentre distribuiva le carte, ecco l'idea giusta.
- hai visto nonna? laggiù.. il sole ha appena girato quella salsiccia!
la nonna si volto senza capire.
- eh?
tanto bastò: mentre la nonna era girata il bimbo prese la prima carta del mazzo e se la mise rapido e furtivo nella tasca del costume.
- non ho capito.
- niente, scusa, mi sono sbagliato, devo aver visto male.
si sentiva un vero furfante, ma il fine giustificava i mezzi. il piano era semplice ma poteva funzionare: si sarebbe disfatto più tardi della prova del suo crimine, con tutta calma, gettandola da qualche parte mentre tornavano a casa. iniziarono la prima mano.
- mi raccomando, non tenerti i carichi fino alla fine, come fai sempre. ricordati che in questo gioco, come nella vita, serve strategia, non avidità.
ci risiamo, come da copione. il bimbo voleva davvero bene alla nonna, ma se c'era una cosa che lo infastidiva a morte, più che essere costretto a giocare contro la sua volontà, era la tendenza della nonna a ridurre ogni aspetto di quel gioco ad un insegnamento morale. diamine, alla fine si tratta soltanto di un gioco di carte, mica come il calcio: quello sì che racchiude epica, passione, storia, vita. una lezione oggi ai bulletti del tropicana significherebbe, ad esempio, che il bene trionfa sul male, pensò il bimbo.
- lo vedi, stai sbagliando di nuovo, stai giocando senza criterio, come al solito. quella carta lì facevi meglio a non giocarla ora, e a tenertela per dopo. (ride) sei proprio un due di coppe quando comanda spade.
rieccola, questa è un'altra delle sue massime preferite. a me stanno antipatici sia il due di coppe che quello di spade, pensò il bimbo. se proprio devo essere una carta vorrei essere il tre di bastoni, lucido e dorato, con due bei baffoni folti e un'aria beffarda. certo che a pensarci bene quella si che è una faccia da furfante. forse ora che sono anch'io un po' un furfante verrà anche a me una faccia così. non so se mi conviene però, quei baffoni così lunghi mi sa che si impiastricciano tutti quando uno mangia il gelat…
- ehi, ci sei? tocca a te. non distrarti e concentrati, per favore.
- nonna?
- dimmi.
- le carte sono dispari, guarda.
- come sarebbe sono dispari?
- ne mancano poche ormai, si vede che ne manca una.
- una, due, tre, quattro, cinq.. cavolo, hai ragione. guarda che non sia caduta lì sotto.
- non c'è, nonna.
- forse è rimasta nella scatolina. fammi guardare... no niente. e adesso?
la nonna era visibilmente delusa.
- non si può giocare con una carta in meno, disse il bimbo con tutta la solennità possibile.
- non si può giocare con una carta in meno, dovette ammettere costernata la nonna.
poi la nonna si illuminò:
- aspetta, chiediamo ai vicini di ombrellone se hanno un mazzo da prestarci (si volta).. niente, non ci sono, eppure erano qui poco fa, non li ho visti andar via.
zac, cotti, tirati su e mangiati, pensò il bimbo.
- posso andare ora alla partita?
- (sospirando) va bene, puoi andare, ma non allontanatevi dalla spiaggia.
- grazie, nonna, ciao, a dopo.
il bimbo si senti dispiaciuto per la nonna, e un po'  in colpa, ma solo per un attimo. agguantò svelto il pallone e si mise a cercare i suoi compagni di spiaggia correndo come un matto, a zig zag, per evitare di essere arpionato dal forchettone del sole.
la nonna lo segui con lo sguardo mentre si allontanava. fategli il culo, a quegli stronzetti, sussurrò piano.  f

csxqp: francesco de gregori - "la leva calcistica della classe '68"

domenica, marzo 03, 2024


Ho scoperto che si può essere felici per una caramella, che più si è convinti di donare e più si riceve, che i piccoli gesti hanno grandi risvolti, e che gli affetti possono nascondersi agli occhi, ma non ti abbandonano mai. Ho capito l’importanza della qualità del tempo che condividiamo, quanto le attenzioni più semplici facciano la differenza, il significato delle parole empatia e misericordia, e come l'altruismo possa rendere l'esistenza piena e degna.

In quest’ultimo anno ho imparato molto. Sapevo che esseri li era importante, ma non ero consapevole che lo fosse tanto per te quanto per me. L’ho capito piano piano. Avevi piacere nel vedermi tanto quanto io nel farti visita. E così, in un modo del tutto imprevisto ma naturale, si era creata la nostra routine domenicale, il nostro angolo di paradiso, un’ora di storie e memorie, notizie e resoconti, con chi, come me, di parole non ne aveva mai spese molte. Ma non solo, perché non volevo semplicemente farti compagnia, regalandoti un momento di evasione, ma darti qualcosa di più, di concreto, qualcosa che ti facesse sorridere gli occhi, apprezzare quel momento di vita nonostante il contesto e le preoccupazioni. E allora cosa di meglio del cibo: la frutta, i dolci, i succhi e le caramelle, questi erano l’appendice non scritta dei nostri incontri. Per quanto ti spronassi non mi hai mai chiesto niente, ma non hai mai mancato di ringraziarmi, in quel modo antico e sincero che mi ricordava tanto mia nonna.
Non posso dire che sia sempre stato semplice. Alzarsi presto la domenica, la distanza, il viaggio in auto e il carico emotivo potevano essere un deterrente, ma erano un piccolo prezzo da sostenere in confronto al sollievo che avrei portato. Sapevo che mi aspettavi e non avrei potuto deluderti. E così venire non è mai stato un peso, e adesso mi manca non avere più quel momento da condividere, quella parentesi in cui la mia presenza era importante. 
Per chi mi sta intorno è difficile immaginare cosa abbia perso in questi giorni. Agli occhi del mondo ho sempre celato ogni cosa, custodendo questi incontri gelosamente. Non ne parlavo prima, e non avrebbe senso adesso. E così nessuno sa, ne può capire, la perdita, il dolore che mi affligge, tranne i tuoi cari, loro si, sanno, e mi sono vicini, come fossi parte della famiglia.

Oggi avremmo festeggiato i tuoi 97 anni, ma ci hai lasciato prima. Non ho rimpianti, è stato bello esserci quando serviva, e non solo. Ciao Anna. y

csxqp: lucio dalla - "anna e marco"