tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

martedì, dicembre 22, 2020



nelle ultime settimane ho imparato quello che nel gergo dei maneggiatori di carte viene chiamato spring, ovvero far schizzare un mazzo di carte da una mano all'altra in un flusso per lo più ordinato. ho sempre ammirato, tutte le volte che mi è capitato di vederlo fare, l'elegante destrezza che accompagna questo gesto, e mi ha sempre intrigato la possibilità di riuscirci anch'io. in realtà non è che mi venga ancora proprio benissimo, intendiamoci, ci riesco solo tenendo le mani a distanza molto ravvicinata, e spesso e volentieri qualche carta si ribella e se ne vola per i fatti suoi, ma mi diverte molto farlo, e sono contento di averlo più o meno imparato.
non fosse però che di fatto si tratta di un'abilità fondamentalmente inutile, buona al massimo, per i maghi della domenica come me, a bullarsi un po' e spararsi le pose prima di proporre un gioco ai malcapitati spettatori. voglio dire: potevo certamente impiegare il mio tempo imparando qualcosa di più utile, tipo smontare e riparare la mia lavastoviglie rotta da mesi, ad esempio, o anche solo migliorare una delle innumerevoli cose che so già fare, ma male, come il mio perennemente claudicante tedesco.
e invece no, mi sono dedicato a questo, aggiungendo puro ciarpame nel bagaglio, né pieno né comunque capiente, delle mie capacità. ecco, ho imparato l'esatto equivalente di quella vecchia campanella di peltro e ottone regalatami da mia zia, soprammobile senza scopo che da tanti anni mi ostino a portarmi dietro. cosa ancora più grave se consideriamo il fatto che tutto ciò avviene proprio in questo periodo in cui sono fresco reduce da un trasloco, anzi da due, e sono particolarmente sensibile e insofferente alle mille cose prive di utilità che con il tempo, spesso quasi senza che me ne accorga, finiscono per accumularsi, riempiendo implacabilmente case, cantine e scatoloni. come durante tutti i traslochi ho colto l'occasione per disfarmi di molte di queste cose che stavano lì soltanto a prendere polvere, ed è stato decisamente liberatorio, tanto da farmi flirtare di sfuggita con l'idea di regalare via tutto e non possedere più niente.
la verità però è che mi piace davvero un sacco il suono che fanno le carte nel loro breve volo da una mano all'altra, un leggero e fugace frullare d'ali che trovo estremamente rilassante. e poi, va detto, qualunque cosa si impari è comunque bello averla imparata, e fra il raccogliere cinquantadue carte dal pavimento a vederle atterrare felicemente nella mano passa un percorso che, seppur piccolo e poco rilevante, è fatto anche di dedizione e perseveranza. insomma, tutto questo per dire, e qui la mia indole da accumulatore seriale di cose e passioni sta prendendo il sopravvento, che un po' di ciarpame alla fine ci vuole, che nessun oggetto e nessun interesse è mai veramente inutile, a modo suo ha qualcosa da raccontare, e poi mica vuoi davvero buttarlo, metti che un giorno ti possa serv… niente da fare, sono irrecuperabile. non appena avrò tempo voglio imparare a identificare le stelle a ovest della costellazione di orione, e le mosse giuste per rispondere a un gambetto di donna, e altre mille cose che quanto a concreta applicabilità pratica lasciano molto a desiderare.
piccolo post sul ciarpame dunque, un post che a dirla tutta non serve a niente, ed è ciarpame pure lui, nella sua evanescente inconcludenza. f

csxqp: lo stato sociale - "sessanta milioni di partiti"

venerdì, dicembre 11, 2020


in questo anno disastroso e complicato sono emerse verità su cui non avevo mai avuto l’opportunità di riflettere. la mia percezione dell'esistenza, delle relazioni, del vivere, ne è uscita indubbiamente cambiata. siamo stati obbligati a rallentare, abbiamo avuto più tempo di quello che ci saremmo mai aspettati di disporre, ci è stata data l’opportunità di fermarci, intere giornate da dedicare a noi stessi. gli eventi ci hanno ricordato la caducità del corpo e la fragilità delle nostre certezze. il modello economico e di vita che davamo per scontato è stato messo in discussione. ci aspettavamo di avere tutto sotto controllo, e ci siamo riscoperti deboli e impreparati. ho sognato che la pandemia avrebbe portato una nuova consapevolezza, ma così non è stato, o almeno non per tutti. ciò nonostante continuo a pensare di aver imparato qualcosa, e che questo insegnamento mi abbia fatto vacillare, e mi stia indirizzando verso un nuovo modo di approcciarmi al prossimo e alla vita. 

nella quarantena ho scoperto la mia più grande paura, la sofferenza fisica, il non sapere perché quello che fino a poco prima era un corpo sano ad un tratto non lo è più, accusa un malfunzionamento, che si trasforma in un male inspiegabile. essermi trovato improvvisante dinnanzi ad un problema di salute, in balia dell’incertezza, e senza alcuna possibilità di capirne le cause, mi ha terribilmente destabilizzato. nei mesi del lockdown esisteva solo il covid, ogni altra cosa era sacrificabile, e così per settimane mi sono trovato a convivere con un dolore che non sembrava volermi dare tregua. questa situazione mi ha tormentato e sconvolto come mai nessun’altra. mi toglieva il sonno e la tranquillità, perché senza un appiglio la mente viaggiava, e nel dubbio ho temuto il peggio. ero spaventato, avrei fatto qualsiasi cosa per fare degli accertamenti, o quantomeno avere un riscontro affidabile, una diagnosi. avevo bisogno di chiarimenti, di risposte ai mie tanti perché, e di una parola di supporto. sono stati giorni difficili, angoscianti, in cui il lavoro aveva perso di valore, e il pensiero era fisso lì, a quel dolore inaspettato a cui non trovavo spiegazione. le valutazioni del medico erano generiche, le visite specialistiche sospese, e io continuavo a macerarmi nel dubbio da solo, fra le quattro mura dell’appartamento. ho veramente avuto il timore di impazzire, di perdere il senno e il contatto con la realtà. ma in tutto questo il mio capo si è rivelato un’ancora di salvezza, ha intuito il mio disagio e mi ha dato quel conforto che mi ha aiutato a tenere salda la mente, fino all’esito delle analisi. si è chiusa così una delle esperienze più angoscianti e travagliate della mia vita. mi sono sentito disperato e solo, impotente e disarmato, come mai prima.

l’abbiamo sentito dire tante volte, la salute è tutto, ma solo ora, dopo questo episodio, capisco quanto poco ne fossi consapevole. siamo degli esseri fragili, e la nostra presenza sulla terra è fugace e transitoria, effimera come un battito di ciglia. adesso che il mio unico pensiero è il lavoro o cosa mangerò stasera, devo ricordarmi di quei terribili giorni per gioire di ogni momento, sfruttare ogni opportunità, e vivere ancora più intensamente di quanto non abbia fatto finora. questa vicenda mi aiuterà a chiarire le priorità, e dare finalmente il giusto peso ad ogni cosa. y

csxqp: colapescedimartino "i mortali"