Per tanti anni il ping pong è stato il terreno di sfide infuocate, di epici duelli, di incontri infiniti e sfiancanti. Era sempre il momento buono per una partitella, e ovunque si andasse un confronto era sempre auspicato (se non imprescindibile parte del viaggio, o della serata, e inquinato tale caparbiamente cercato). Tuttavia nulla è destinato a durare in eterno. Nonostante continui ad amarlo profondamente, e speri di incrociare nuovamente le racchette con quel fetente di f, e con chiunque abbia l'ardore di affrontarmi, all'orizzonte ha fatto la sua comparsa una novità: il calcetto o calcio balilla.
Un po' per cause di forza maggiore (vedi assenza di f e scomparsa di jj), un po' per motivi contingenti (leggi oltre), mi sono appassionato a quest’attività d'altri tempi, che in gioventù non avevo mai veramente apprezzato, e che invece ora mi rivela la sua grandiosa bellezza. Non è stato amore a prima vista, ma un lento innamoramento, la cui storia ha attraversato gli anni e le città, passando da Riga a Carpaneto, per giungere alla casa di Fau, alle centomila lacrime, e oltre, facendo una fermata anche in piazza Gae Aulenti. Ma tutto questo non sarebbe comunque bastato, per appassionarmi, c'è voluto un evento dirompente: il suo arrivo in ufficio.
E' stato un ingresso trionfale, ma anche il punto di non ritorno, l'inizio della fine. L'inizio perché avendolo sempre lì a disposizione ci ho preso gusto, anche troppo. La fine perché ne sono diventato un indiavolato cultore, e il giocare è diventato parte integrante di ogni giornata, lavorativa e non. La pausa mattutina si è trasformata nell'opportunità per una partitella, secca, senza appello, ai "cinque", uno contro uno, con il mio inseparabile collega. Ma il momento clou è diventato il pomeriggio, con la sfida allargata ad altre persone, reparti, aziende, perché se c'è una cosa bella nel gioco è proprio quella di allearsi con qualcuno, contro qualcun altro. Abbiamo vagliato le possibilità, testato vari contendenti, e dopo tanto giocare abbiamo infine trovato le nostre degne avversarie, due fulminate come noi, che non si prendono troppo sul serio, e che nel disappunto generale hanno raccolto la sfida. Così quando s’inizia a dire buona sera, e le lancette raggiungono le diciassette, è il momento di rimboccarsi le maniche, incrociare gli sguardi, e iniziare le danze.
A briglia sciolta ci siamo abbandonati, giorno dopo giorno, spavaldi, e un po' chiassosi, senza risparmiarci, spesso esagerando, fino all'inevitabile epilogo, il richiamo verbale delle risorse umane. Abbiamo fatto penitenza, ci siamo dati una regolata, cospargendoci il capo di cenere, ma resistiamo, indomiti e sfrontati. Si, perché il biliardino è anche questo, caos e grida, rivalità e gioia, spacconeria e risate. Ha fatto emergere la mia vena guascona, giocherellona, sbruffona. E così mi trasformo in Mrs Hyde, nell'ultrà della curva, in un’entità indomabile, che ad ogni partita prende il sopravvento, sopraffandomi. Niente più freni, inibizioni, remore. Niente sconti, galanterie o false modestie. Si gioca al massimo, per vincere, possibilmente in modo schiacciante, senza appello.
Una pallina, quattro file di omini. Una mano sul portiere, e l'altra libera di spaziare, seguendo l'azione, stando attenti a tenere un corridoio aperto verso la porta avversaria, in modo che la difesa e il centrocampo possano avere strada libera, per segnare. Questo è il mio gioco, siete avvisati, vi aspetto. y
clxqp: joe r. lansdale - "paradise sky"