tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

domenica, settembre 13, 2009



Qualcuno si chiederà: cavolo, sei stato via una settimana, ti sei fatto quattromila chilometri, hai attraversato quattro paesi, cambiato non meno di dieci mezzi, e non scrivi nulla?
La verità è che ognuno di voi conosce già una parte della storia, quella che si è voluto far raccontare, mentre per gli altri mi dovrò ingegnare, perché non è facile trascrivere su carta quanto vissuto…

Potrei iniziare rispondendo a una domanda, la più banale, ma anche la più interessante, perché è la chiave di ogni cosa, perché è quella che più di tutte ha colto nel segno, perché l’essenza del mio (che poi è il “nostro”) viaggio è tutta lì: qual è la cosa che più ti è piaciuta di Stoccolma? e Berlino?
Non lo so, e la cosa mi sorprende, sono stupito del mio non saper rispondere. Anche riflettendoci, e ripercorrendo l’intero viaggio, non riesco a trovare il bandolo della matassa… non c’è veramente nulla da menzionare, nulla per cui sia valsa la pena aver macinato tanti chilometri, nulla da tramandare ai posteri? Naturalmente non è così. La risposta è molto più semplice di quanto mi potessi aspettare: ciò che più mi ha reso felice, e che mi farà ricordare negli anni questo viaggio, è stato l’esserci. Non i musei, la gente, le vie, i negozi, la natura, ma semplicemente l’esserci:
l’esserci a Rostock, la notte, in attesa dell’imbarco, sotto la pioggia scrosciante, intimoriti dai fulmini, dopo un interminabile pomeriggio “on the go”, con lo stomaco sottosopra, ma con la gioia dell’ignoto…
l’esserci la mattina all’alba, a Telleborg, nel nulla più assoluto, disorientati, dopo una notte all’addiaccio, passata su un divano di una mensa self service, alla ricerca di una stazione, per poi renderci conto che di treni non se ne erano mai visti da quelle parti, e quindi scoprire di dover prendere un pullman, e pure velocemente, perché i biglietti (cari) non erano rimborsabili, e quindi affrettarsi, attraversando la città, le galline, i pavoni, straniti, ma felici…
l’esserci nel trovare uno scompartimento del “silenzio”, una suite quattro stelle, ad ascoltare gli Smiths, colti dalla pioggia, sfiancati dalla fatica, con il sole a mezzanotte, lo Starbucks dietro l’angolo, a comprare un giornale vecchio di tre giorni, fra i quadri di Warhol, ad un Mc Donald vista “mare”, fra decine di bionde con gli occhi azzurri, ai mondiali di atletica, a bersi un chinotto, chiacchierando in italiano con una ragazza tedesca, incapaci di pronunciare il nome di un ridente paesino svedese, scoprendo il fastidio per una lingua straniera…

e ancora le splendide cartoline al bar, gli italiani caciaroni in metro, i bretzel, il salomone con le patate novelle, l’insolenza delle vespe, l’acqua a tre euro, il deposito bagagli, lo sfrecciare dei TIR, i bagni a gettone, la polizia ferroviaria, il curriculum da sistemare, il golfista insofferente, la ragazza pettoruta…

grazie k. y*

csxqp: the smiths – “how soon is now?”

venerdì, settembre 04, 2009


è nato Davide!