tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

giovedì, novembre 21, 2013


Nove ore, il dazio da pagare per poter vivere, e poi via, verso casa, ma con uno spirito diverso, stasera, perché mi aspetta dell'altro, ho in programma di uscire, ancora, come fanno le stelle, dopo il tramonto... tergiverso, il tempo è brutto, la stanchezza mi sembra un'ottima scusa, il fatto di essere solo un buon pretesto, restare a letto sarebbe la scelta migliore, ma non ne sono proprio sicuro, non questa volta, ho voglia di resistere, di farmi forza, di combattere la pigrizia, così cambio idea, mi vesto, inforco la bici, mi lancio lungo la strada, contromano, con il freddo pungente che mi spacca le mani, la pioggia che mi bagna gli occhiali, ma pedalo, ansimando, mi beccherò un malanno, sicuro, ma non importa, e allora via, veloce, verso il locale... all'ingresso la lavagna è sporca, l'acqua ha cancellato ogni cosa, c'è confusione, non si capisce chi debba suonare... e mentre attendo in fila guardo il muro, è un miscuglio di locandine, foto, poster (di famiglia), perché alcuni artisti sono ormai dei vecchi conoscenti, inconsapevoli compagni di vita, grazie alla loro musica, che è la colonna sonora di mille giornate...
Stasera no auto, no moto, no autobus, no ombrello, no portafoglio, no pensieri, solo io, quanto basta... e così non posso che osservarmi, gocciolo, maledetto autunno, come mesi fa, quando bagnato, non dalla pioggia, mi ritrovavo a vagare, rivolgendomi a te, o signore, pregando, il padre nostro, invocando, venga il tuo regno, cercando, la pace, quella serenità che ancor oggi tarda ad arrivare... e così, anche se io non parlo mai, di me, e di te, sei presente, ahimè... piangi maria, perché non c'è speranza per questo uomo...
Il pubblico mi riporta alla realtà, rumoreggia, qualcuno urla "cercasi anima", sorrido, io che la mia anima l'ho persa, dentro gli occhi di una ragazza, che mi ha lasciato solo il freddo, che se l'è portata... il passato è un zavorra che stenta ad abbandonarmi, ma questa volta sono vacui pensieri, non mi ci soffermo, perché le luci si abbassano, la batteria rulla, e così mi lascio trasportare...


...è quasi l'una, il concerto è finito, vedo volti felici, indecisi sul da farsi, se andare o restare, è difficile allontanarsi, staccarsi dal momento, ma non siamo gli alberi, ci avviamo all'uscita, consci che presto il gelo ci avvolgerà, come ha avvolto me, riportandomi alla realtà, alcuni mesi fa, a fine febbraio, la penultima cena, prima della tua partenza...
Torno solo, con la mia adorata bici, fedele compagna di tante sfuriate, e riflessioni... mi sento bene, la temperatura è più mite di quanto non ricordassi, mi alzo sui pedali, c'è un ponte da superare, sollevo il busto, respiro a pieni polmoni, siamo io e la notte... anche se l’alba è vicina mi sembra troppo presto per rientrare, mi vedo davanti mille strade, mille opportunità, posso osare, nessuno mi aspetta, sono eccitato, entusiasta, felicemente irrequieto, ho voglia assaporare fino in fondo questa sensazione, godere di cotanta insensata leggerezza, così mi spingo oltre, verso i sobborghi della metropoli, verso lo spazio aperto, con ardore, sperando di non tornare più sui miei errori, sognando di aver imparato finalmente qualcosa, sulle relazioni, sui sentimenti, sull'amore, perché sono stufo, di lezioni ne ho avute fin troppe, non ho più voglia di imparare, vorrei esser finalmente pronto, preparato, e così promosso, a vivere... qualcuno direbbe che sono piccoli peccati di gioventù, l'inesperienza di chi ha sempre ragionato col cuore e poco con la testa, ma stanotte poco importa, quel che è stato è stato, indietro non si torna... non torneremo più.
Cascine addormentate, provinciali deserte, montagne innevate, paesi disabitati, e poi campi coltivati, borghi medioevali, piste ciclabili... parto, seguendo un'idea, immaginando un'esistenza altrove, mangiando un gipfel a Berna e un bretzel a Berlino, leggendo un libro a Parigi e una rivista a Dublino, correndo per le strade di Pamplona o sul pavé di Bruges, scrivendo un libro a Lisbona e cartoline da Amsterdam, ma è giusto un attimo, mi fermo, perché non è più tempo di fantasticare, domani si lavora, e poi anche dopodomani, in attesa del fine settimana, della spesa al supermercato, del pranzo dai parenti, del giro in centro...
inverto la marcia, ammaino l'euforia, è il momento di tornare nei ranghi, mi avvio stancamente verso quel passato, che poi è il mio presente... vedo bambini che corrono a scuola, uomini e donne che si affrettano a prendere l'autobus, macchine che lentamente si immettono nel traffico mattutino... io invece mi appresto ad entrare in un edificio stretto ed alto, sul muro qualcuno ha scritto "macellare é lecito", non capisco, ma non ne sono sorpreso, infondo ognuno hai i suoi demoni da domare... lego la bici, salgo le scale, mi lascio cadere nel letto.
In sottofondo un brano dei Dimartino, "amore sociale". Chiudo gli occhi. Mi addormento pensando a come sarebbe bello avere qualcuno al mio fianco, un amore, appunto. y

csxqp: Dimartino Live @ Biko, Milano

p.s. il presente post è da considerarsi un'opera di fantasia. ogni riferimento a persone, cose o fatti, realmente accaduti, è puramente strumentale alle esigenze creative dell'autore.

martedì, novembre 19, 2013



il vento spazzava e puliva la città, disincrostando le pareti della notte da cattivi umori e polveri sottili, l'aria respirava a pieni polmoni, e perfino l'asfalto pareva farsi trasparente. ignorando gli schiaffi del freddo lasciavo scorrere le mie ruote lentamente e senza direzione, un po' come la mia vita, in cerca di qualcosa che avrei tanto voluto non dico trovare, ma almeno saper descrivere.
il silenzio assolveva ogni cosa.
ad un tratto il ciclico scomparire e riapparire della mia ombra si interruppe, il buio allargò le braccia, non so dire se per accoglienza o rassegnazione, e mi ci ritrovai completamente immerso, con un pizzico di timore. eppure in questa piccola strada la luce c'è sempre stata, forse un guasto, sicuramente un guasto, buia la prima laterale, buia la seconda, e così la strada dopo, un intero quartiere espugnato dalla notte. ad un incrocio si aprì uno spiraglio in mezzo ai condomini, una casa schivò il mio sguardo e frenai bruscamente. mi ritrovai a dire solo oh, ma con tante o.
restai immobile svariati minuti, forse mezz'ora, forse di più, stupendomi che nessuno se ne fosse ancora accorto, e fosse li con me. con la cialtronaggine propria del cittadino occidentale digitalizzato e barbaro provai a fare una foto, e fui quasi sollevato nel vedermi restituire solo il nero dello sfondo: apprezzai, per una volta, la saggezza ribelle della tecnologia. spegnete le luci, sempre!, pensai, non ci possono essere scippi o incidenti stradali se tutti restano incantati a guardare verso l'alto. ma eravamo solo io e il vento, in questa città sempre così avara di nasi all'insù.
mi godetti ancora per un po' questo momento di pulizia mentale ed espiazione cosmica, risalii in sella, ripartii.
nemmeno due isolati dopo, inesorabili, le luci. f

csxqp: francesco guccini - "black-out"

venerdì, novembre 08, 2013



l'amore a distanza cammina in bilico come un funambolo su un cavo telefonico, accenna passi di danza insieme alle dita che volteggiano sulla tastiera di un cellulare, si tuffa nel mare delle fibre ottiche e si fa onda, per levigare e smussare con paziente tenacia gli angoli di pixel sempre troppo grandi.
l'amore a distanza vive di rammarichi e di sogni, parla al condizionale e al futuro, si avvita al passato, spreca il presente, passa il tempo a scandire conti alla rovescia che sembrano interminabili, in un frustrante susseguirsi di attese lunghissime e di incontri sempre troppo brevi.
l'amore a distanza è sotto vetro e sotto vuoto, è un bisogno prepotente dei suoi occhi e delle sue braccia, è un saliscendi di malinconie e aerei low cost.
l'amore a distanza è un'inquieta e urgente necessità di colmarla, questa distanza.
l'amore a distanza è una guizzante occasione per osare. f

csxqp: roberto vecchioni - "velasquez"