il fatto è che me li ero sempre immaginati diversi: si suppone che uno arrivi a quarant'anni con spalle larghe e stabilità emotiva, solido, quadrato e pragmatico, pieno di certezze e capacità di affrontare le situazioni, strutturato, con un certo equilibrio interiore e una concreta idea di futuro. o almeno, così è come me li ero sempre prefigurati, sia con il (poco) senno dei vent'anni, che con quello (altrettanto limitato) dei trenta.
io invece ci arrivo incespicando e fantasticando, vago e informe, sempre sperso dietro alle nuvole, senza mai le idee chiare e con il cuore in altalena, con la consapevolezza che il mio posto nel mondo, ammesso che ci sia, sia ancora ben lontano dal farsi trovare. chissà forse lo porto bene, questo groviglio di rughe, dubbi e cicatrici, non lo so, ma non è questo il punto. quaranta mi sembrano tantissimi e allo stesso tempo così pochi, ma appunto, non me li sento ancora addosso.
così a volte mi chiedo se li ho vissuti bene, se il mio approccio verso il mondo (e il mio bilancio con esso), pur con la mia proverbiale lentezza e con tutti i difetti che mi contraddistinguono, sia in fin dei conti positivo, oppure se ho sbagliato un sacco di cose, considerato che alla fine il mondo non appartiene ai timidi, e nemmeno a quelli che riflettono troppo. insomma, uno arriva a quest'età e si fa delle domande maledettamente esistenziali, e questa ricorrenza, come tutte le cifre tonde, si porta dietro un'inevitabile strascico cogitabondo.
ovviamente non so dare una risposta precisa, e non so dire se nel mio caso alla parola quarantenne si possa affiancare l'ormai classico aggettivo "splendido". in effetti non so mai niente con certezza. so però questo: che quest'ultimo mese è stato così colmo di cose, così incredibilmente straboccante di viaggi, gite, incontri, festeggiamenti, abbracci, affetto e amici (quelli del paese, quelli della città, quelli dell'estero, in questo fantastico intersecarsi delle mie vite) che non posso non pensare che, nascosto sotto questo caos sgangherato, qualcosa di buono ci sia davvero. alla fine mi pare che l'importante sia non smettere mai di meravigliarsi della bellezza delle cose, e pazienza se il mio invecchiare non è accompagnato da quella che chiamano maturità.
perciò eccoli i miei quarant'anni, disordinati e precari, ma molto spesso ostinatamente felici. f
csxqp: caparezza - "una chiave"
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