Dopo il primo lockdown, quando la situazione si era stabilizzata e sembrava che la vita potesse riprendere così come l’avevamo fino ad allora conosciuta, decisi di cogliere l’opportunità offerta dall’azienda e sottopormi ad un check-up sanitario. Il primo esame in programma fu una lastra toracica, cosa che mi lasciò abbastanza sorpreso. Solo in un secondo momento capii che era stata introdotta per ragioni di sicurezza, cercavano gli eventuali effetti del covid sui polmoni, in modo da poter escludere che fossi affetto da questa infezione. Ai tempi non esistevano, o quantomeno non erano disponibili, i test rapidi, e questa soluzione probabilmente era stata valutata come la più idonea per verificare la positività o meno di un soggetto. Ma a parte questo dettaglio il mio interesse era soprattutto rivolto alla visita di medicina generale e dell’otorino. Da settimane soffrivo di uno strano fastidio alla parte sinistra del capo e questa si era rivelata l'unica possibilità di avere un consulto. Dagli accertamenti non emerse nulla, probabilmente il dolore era legato ad una postura errata, causata da una sedia di legno, per niente ergonomica, su cui mi torturavo otto ore al giorno, nel periodo in cui iniziai a lavorare in smart working. Ma se da un lato fui sollevato da brutti pensieri e preoccupazioni, dall’altro gli esami mi rivelarono come nel sangue ci fosse un valore sballato, il colesterolo. Il referto era chiaro, nero su bianco, un bel asterisco, che rimandava ad una nota a piè di pagina dove si evidenziava che il valore eccedeva il riferimento massimo previsto. Quelle che invece rimanevano oscure erano le cause. Rimasi perplesso, non me l’aspettavo, come spiegarmi un valore così alto? Non mi aiutarono a capire né la relazione conclusiva della struttura sanitaria (“importante calare di peso”, salvo poi indicare poche pagine più avanti che presentavo una situazione di “sottopeso corporeo”) né il totale disinteresse del mio medico curante (che, lasciandomi sull’androne delle scale dello studio, riuscì a farmi sapere tramite la sua segretaria che era “tutto a posto”, e dopo le mie insistenze, visto che evidentemente non era tutto a posto, “di mangiare leggero”). Anche il dietologo non seppe dirmi molto di più che aumentare il consumo di frutta e verdura, ridurre i grassi animali e limitare i prodotti confezionati, insomma le solite cose. In quel momento iniziai a riflettere se effettivamente la mia alimentazione fosse cambiata, se stavo sgarrando, o cosa fosse potuto succedere negli ultimi tempi. Alla fine mi convinsi che fosse tutto colpa del lockdown, che mi aveva costretto a casa, ad una vita sedentaria, a mangiare insaccati e guardare TV.
A distanza di un anno ho rifatto gli esami, e niente è cambiato: colesterolo alto con l’aggravante di placche (sempre di colesterolo) nelle arterie carotidee. Ero sicuro che superato il periodo della pandemia le cose si sarebbero sistemate, ma non è stato così, anzi, se possibile sono emersi nuovi dettagli ancora più specifici, che non solo non mi sarei mai aspettato, ma che mi hanno lasciato letteralmente stupefatto. Le visite di solito finivano sempre con una stretta di mano e un arrivederci, ci vediamo l’anno prossimo, perché era tutto nei parametri, ma non questa volta. Così ho iniziato a fare una riflessione, seriamente, perché probabilmente stavo sbagliando qualcosa, o non avevo colto quanto certi comportamenti non fossero salutari. Ho sempre pensato che nutrendomi poco, facendo attività fisica e bevendo acqua avrei avuto i valori del sangue in ordine. Inoltre non mangiando formaggi, e riducendo al massimo il consumo di salumi, mi illudevo di avere una dieta equilibrata, priva anche di bevande gasate, alcool e piatti preconfezionati. Invece mi ingannavo, tralasciavo alcuni particolari che mi sembravano irrilevanti, abitudini che guardate attentamente possono essere quanto meno discutibili, se non dannose. Nonostante quanto detto in precedenza sulla mia routine alimentare sia vero, lo è altrettanto il consumo smodato di maionese, latte, burro, condimenti, patatine, merendine, cioccolato… è questa la polvere che si nasconde sotto il tappeto, l’amara verità di cui non volevo prendere consapevolezza. Le colpe di certi valori non sono da ricercare nella caipirinha e picanha che mi regalo una volta ogni tanto, ma nel quotidiano consumo di grassi animali, prodotti confezionati, latticini e materie prime raffinate.
Timidamente sto cercando di darmi delle nuove regole, una dieta che includi più frutta e legumi, meno pause pranzo al ristorante, meno condimenti, carne rossa e maionese. Al latte invece non potrò mai rinunciare, mi dispiace, tanto varrebbe morire. Fra sei mesi rifarò il check-up, vediamo se i valori sono migliorati, o se qualcuno vorrà veramente prendere la cosa sul serio e dirmi cosa fare. y
clxqp: bryan washington - “promesse”