tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

giovedì, giugno 29, 2023


Se qualcuno ancora non lo sapesse adoro Berlino. Dopo diversi anni di assenza ci sono tornato con l’obiettivo di godermi la città lontano dai soliti itinerari turistici. Ho esplorato più in profondità i suoi innumerevoli quartieri, i mercatini, i parchi, le aree dismesse riconvertite a spazi pubblici, i bar e negozi (soprattutto di biciclette). Nel mio immaginario è e rimane un luogo famigliare, confortevole, in cui mi sento di casa. Ma stranamente, per quanto non l’abbia percepita diversa dal solito, non l’ho apprezzata come in passato. Sicuramente nel tempo l’avrò idealizzata, così come succede per tutte le cose che amo, ma forse è anche vero che sono diventato più esigente, o forse più insofferente, e quindi meno tollerante nel volgere lo sguardo altrove. 


Sebbene continui a trovarla affascinante, accogliente, culturalmente ricca e interessante, devo ammettere di averla vista sporca e trasandata, confusionaria e bistrattata, abbandonata a se stessa, o meglio, alle intemperanze dei suoi cittadini cosmopoliti. Non ho trovato una via senza cantieri, vetri rotti, escrementi e tappi di bottiglie. Una via senza marciapiedi sconnessi, rottami, reti metalliche, bagni chimici, tubi sospesi, container e sporcizia. E anche la natura, per quanto diffusa e rigogliosa, è completamente lasciata all’incuria e alla casualità. Si percepisce la totale assenza di progettualità, di una gestione pubblica degli spazi comuni: c’è chi cuce una maglia intorno ad un albero, chi lo dipinge di bianco, chi si fa l’orto nel quadratino di terra sotto casa, chi ci pianta dei fiori. Qualcuno lo delimita con delle finte mattonelle in plastica, chi con pezzi di copertone, chi con della corda o dell’immondizia. Mi piacerebbe dire che è tutto un po’ naïf, ma mentirei sapendo di mentire. Forse è un destino comune a tutte le grandi città, come Roma e Parigi, ma vederla così un po’ mi ha fatto male. Anche Milano, mi duole dirlo, sta prendendo una deriva che non mi piace. Stiamo diventando la città dei vetri rotti e del piscio di cane. Ultimamente ho iniziato a farci attenzione, soprattutto dopo che una cara amica mi ha fatto notare alcuni dettagli su cui non mi ero mai soffermato. Pedalando in lungo e in largo non è stato difficile rendermi conto di come ogni angolo della strada sia pieno di cocci di bottiglia, frammenti, a volte grossi, a volte piccolissimi, triturati dal continuo incedere delle auto. E come a questi si accompagnino spesso viti e chiodi, bulloni e rivetti, ogni genere di minuteria che dovrebbe stare nelle scaffalature dei negozi se non nelle cassette degli attrezzi. Solo in quest’ultimo mese ho bucato due volte, e sabato, in partenza per una gita, causa vite ho forato anche la posteriore sinistra dell’auto. Mi devono spiegare per quale cavolo di ragione gettano le bottiglie per terra e non nella pattumiera, o meglio ancora nel bidone del vetro. Tutto questo lo interpreto come un segno del degrado che incombe. I cestini usati come discariche, il parcheggio selvaggio, i muri imbrattati, le bici del bike sharing vandalizzate, i monopattini selvaggi, sono il sintomo di una dilagante mancanza di educazione e senso civico. In tal senso i padroni dei cani ne sono l’emblema. Non si spingono più al primo parco nei dintorni della loro abitazione, o alle aree loro dedicate. Si limitano a scendere le scale e far pisciare i cani sul muro di casa. Non raccolgono e se raccolgono buttano il sacchettino per terra. E se il cane decide di farla su un'auto, un motorino o una bici volgono lo sguardo altrove, tanto a loro cosa importa? Siamo diventati egoisti e arroganti, incivili e prepotenti. Sono perplesso.

Questa inesorabile decadenza, l'incuria, il degrado, la maleducazione e il lassismo sono diventate la triste realtà con cui ci confrontiamo tutti i giorni. Sarà un male comune a tutte le grandi città ma io non riesco ne ad accettarlo ne a rassegnarmi. y

cvxqp: hannes stöhr - “berlin calling” 

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