Non so se vi sia mai capitato che ascoltando un certo motivo vi sentiate ogni volta pervasi da una sensazione, un ricordo, e ne siate completamente immersi, avvolti, anche con una certa malinconia. A me è successo stamattina, e succede ogni volta che alla radio sento la sigla di una trasmissione che ormai è in onda da oltre tre decadi, sempre uguale a se stessa.
È inverno, siamo in montagna, a Brusadaz, nei giorni successivi al Natale. Siamo in vacanza, e come ogni anno passeremo il periodo delle feste in quella che era la casa dei nonni paterni. È mattina presto, ci aspetta una lunga giornata sulle piste. Io e mia sorella siamo in calzamaglia e dolcevita, il pentolino del latte è sulla stufa, mentre la caffettiera borbotta sul gas. La cucina è fredda, mio padre è sceso prima di tutti per accendere il fuoco, ma ci vuole pazienza, è una lotta impari, soprattutto quando la casa è chiusa da mesi, i vetri delle finestre sono sottili, ed il vento trova ovunque spazi dove insinuarsi. Davanti alla porta abbiamo un salsicciotto di tessuto, dovrebbe aiutare a tenere lontani gli spifferi, ma non vuole mai stare là dove dovrebbe. Noi bambini ci stringiamo sul divano mentre i grandi organizzano la tavola. Il sole stancamente fa capolino da dietro le montagne e filtra attraverso le tende fatte all’uncinetto. Sono felice, la scuola è un lontano ricordo, non ho pensieri, se non quello di arrivare alle piste e sperare non ci sia troppo casino per parcheggiare, comprare il giornaliero (o i “punti”) e prendere la seggiovia. Le tute sono appese fuori, in corridoio, al gelo. Solo l’idea di doverla indossare mi fa venire i brividi. I guanti, il cappello e la sciarpa invece sono dentro, al tepore che piano piano si sta creando, un po’ per la legna che finalmente arde a dovere, un po’ per la nostra presenza. Il bagno è l’ambiente più angusto e gelido, nessuno ci si sofferma troppo. Indugiare con le mani sotto l'acqua non è fisicamente possibile. Ci si lava in fretta e furia. In sottofondo abbiamo sempre la radio accesa, sintonizzata sul secondo canale, l’unico che prende. Ogni mattina la sigla del Ruggito del Coniglio ci da il buongiorno. Ma è tardi, bisogna muoversi, darsi una spicciata. Raccogliamo vestiti, cose e idee, si esce. L'aria è frizzante, il panorama stupendo. È il momento di salire in macchina, oltrepassare la collina e goderci la giornata.
Sono passati trent’anni ma il ricordo di quei giorni è ancora vivido, indelebile. y
clxqp: patti smith - “just kids”
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