tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

venerdì, gennaio 31, 2025


seconda parte

In tutto questo perdersi e ritrovarsi mi ero completamente bagnato, infreddolito, sfiancato. La giacca mi si era strappata nella lunga traversata fra i rovi, e ogni indumento era sporco o logoro. Nonostante fossimo sollevati di aver trovato la via corretta, il meteo non era dei migliori per fermarsi e pranzare. Faceva freddo, tirava vento e il suolo era coperto di neve. Così la pausa si è ridotta ad un misero mangiare in piedi caratterizzato da un continuo muoversi per mantenere il poco tepore corporeo e non gelare. Questo momento è stato anche la mia vendetta, perché gli ho messo fretta, e visto che si sentiva in debito per quanto successo non ha potuto che assecondarmi e riprendere il cammino velocemente. La verità è che non vedevo l’ora che tutto finisse, di essere di nuovo a casa, all’asciutto, sotto le coperte, dopo una doccia calda. Ammetto che le ore successive sono state tutto un pensare ad arrivare alla macchina nel più breve tempo possibile. Un ritorno fatto di stanchezza, poche parole, in cui la mente vagava libera, senza particolari pensieri. Ero concentrato, attento ai sassi, agli alberi, alla neve, a dove mettere i piedi e le mani. L’ultima cosa che volevo era prendere una storta, o scivolare. Una volta intuita la via da seguire, che altro non era che un solco fra due pendii scavato dall’acqua, sono partito a razzo. La discesa è stato tutto un saltare di qua e di la, cercando di preservare ginocchia e caviglie. Sono andato avanti, spedito, cercando di tenere sempre Lorenzo a portata di orecchio, finché non ho sentito urlare il mio nome. Ho sperato che fosse veramente importante perché l’idea di risalire non era fra i miei più immediati desideri. Nonostante qualche ritrosia sono tornato sui miei passi, ripromettendomi di ucciderlo se fosse stata una sciocchezza. L’ho trovato chino, fermo in un passaggio dove sembrava che dal terreno uscisse un tubo metallico, su cui pochi attimi prima ricordavo di esserci passato sopra coi piedi, pensandolo una condotta dell’acqua. E invece no, a suo dire era ben altra cosa. Con circospezione ha smosso un po’ la terra, e avuta certezza di quanto immaginava è partito con una raffica di fotografie, emozionato e felice come un bambino. Al sentire la parola “bomba” io ho fatto ciao ciao con la mano. Ho dato giusto un’occhiata e poi sono filato, pensando che la cosa più saggia fosse mettere quanta più distanza possibile fra la mia misera vita e quel pezzo di ferraglia. Ho atteso che finisse il servizio, che rilevasse le coordinate gps e si decidesse a lasciare quello che in pochi minuti era già diventato il suo piccolo tesoro. Io aspettavo ad almeno venti metri di distanza, cosa che mi rivelò essere pressoché inutile. Valutandone dimensioni e peso (60cm x 50kg) scoppiando avrebbe probabilmente fatto saltare mezzo costone. Questa notizia era la ciliegina sulla torta di una giornata vissuta pericolosamente, che fortunatamente volgeva al termine.

Ho lasciato a lui le incombenze con i carabinieri e gli artificieri. La denuncia in caserma, il doverli guidare sul luogo e la rimozione / brillamento dell’ordigno sono stati il suo onere e onore. Non posso aggiungere molto di più, ci hanno chiesto di mantenere il riserbo, non diffondere foto e informazioni, e così tutto rimarrà fra noi pochi intimi, avvolto dalla nebbia, come la nostra pazza camminata. y

csxqp: coma_cose - posti vuoti

venerdì, gennaio 17, 2025

 


non l'ho mai raccontato bene, ma dopo la separazione dei miei genitori, che non è stata delle più pacifiche, mi sono completamente chiuso in me stesso, erigendo all'improvviso un muro invalicabile fra me e gli altri. non l'ho fatto consapevolmente, è successo e basta, vai a sapere quale meccanismo di protezione il mio inconscio si era messo in testa di attivare, il problema è che ben presto mi accorsi che il muro era talmente alto che nemmeno io sapevo più come scavalcarlo, e mi ci sono ritrovato rinchiuso dentro come un prigioniero.
la faccio breve: qualsiasi interazione sociale con gli sconosciuti mi causava sudori freddi ed esplosioni di panico, e perfino le cose più semplici come chiedere informazioni o ordinare un panino diventavano imprese titaniche e sovrumane che il più delle volte finivano con un miserabile fallimento. gli amici che avevano conosciuto il me di prima, allegro, felice e socievole, purtroppo ora abitavano lontano e anche con loro, le volte in cui riuscivamo a vederci, non riuscivo del tutto a scrollarmi di dosso il peso di un opprimente senso di inadeguatezza. mi aggiravo come un fantasma, senza parlare con nessuno, passavo ore chiuso nei bagni dell'università per timore di qualsiasi incontro, e allo stesso tempo provavo un'invidia prepotente verso tutti quelli che riuscivano a scherzare con un amico, o una ragazza, come se nulla fosse: la solitudine era diventata contemporaneamente un conforto e una condanna. maledicevo di essere fatto così, ma non sapevo come uscirne e restavo prigioniero, non mi aspettavo più niente, e mi ci ero quasi rassegnato del tutto: avere vent'anni, e sentirsi così, è un vero delitto.
la cosa andò avanti per un lungo periodo corrispondente più o meno agli anni dell'università: non ho ovviamente un buon ricordo di quel periodo, e spesso mi stupisco di come io abbia fatto, alla fine, nonostante tutto questo stupido fardello, a laurearmi.
finché un giorno non è successa una cosa inaspettata: ho trovato lavoro. non era un vero e proprio lavoro, non scherziamo, non guadagnavo niente, ma ciò che quell'impiego aveva da offrire, me ne accorsi presto, aveva un valore molto più alto del denaro. un po' per magia (a volte le cose accadono senza che uno sappia spiegarsi perché), un po' per l'atmosfera del posto, così libera e creativa, un po' perché lo desideravo ardentemente, cominciai a sentirmi a mio agio, con me e con gli altri, ed era una sensazione nuova, che avevo completamente dimenticato.
il fatto è che cominciai a conoscere persone, che a loro volta me ne presentarono altre. cominciai ad allacciare rapporti, e in qualche modo cominciai a stringerli stretti. le paure inutili scomparirono, così com'erano nate: cominciai a interagire, a confrontarmi, a ridere e scherzare esattamente come quelli che prima invidiavo. cominciai a innamorarmi, a cercare gli altri, e ad essere cercato. cominciai insomma di nuovo a respirare, e quel malessere inquieto e senza fiducia lasciò il posto all'urgenza di rifarmi del tempo perduto e degli anni così malamente sprecati.
era come se qualcuno improvvisamente si fosse affacciato dalla cima del muro, mi avesse sorriso, e mi avesse lanciato una corda, dicendo forza, cosa diavolo fai là dentro, dai vieni fuori di lì, prendi la mia mano, non è difficile. forse è un'esagerazione, o forse no, ma resto convinto che quel piccolo teatro in via lazzaretto mi abbia letteralmente salvato la vita.
era esattamente oggi come oggi di vent'anni fa, il giorno in cui ho iniziato a lavorarci, il giorno in cui mi sono sentito come rinato, e la gratitudine per questi vent'anni mi esplode con fragore nel cuore, lo gonfia di vele, lo illumina e lo colora. solo due post fa y scriveva di quanto l'amicizia possa cambiare la vita, e salvarti dal tuo abisso: sottoscrivo in pieno. la mia volontà di tenerci uniti sarà sempre indomabile, perché solo il cielo sa quanto siete importanti per me, e quanto vi voglio bene. avere ancora al mio fianco le amicizie strette allora, anche se il corso della vita mi ha portato lontano, mi sembra una magnifica e maestosa meraviglia, e ogni persona che in questi vent'anni ha incrociato la mia vita è un regalo immenso. grazie. f

csxqp: modena city ramblers - "il ritorno di paddy garcia"

martedì, gennaio 07, 2025

 

 

si, lo so, non ve lo sapete spiegare, sembra assurdo anche a me: sono dannatamente lento, ho la goffa reattività di un bradipo nei movimenti e in qualsiasi gesto della quotidianità, sono temporeggiatore e indolente in ogni decisione della vita, eppure, incredibilmente, mi sono appassionato a qualcosa che ha nella rapidità e nella destrezza la sua ragion d'essere.
ebbene si, da un po' di tempo a questa parte mi è venuto il pallino dello speedcubing, ovvero quella disciplina che si propone  di risolvere il cubo di rubik nel minor tempo possibile. la passione nacque qualche anno fa, quando vidi un documentario sull'argomento e ne rimasi folgorato, e passai diverso tempo a chiedermi: ma come diavolo fanno? al di là del cubo in se, che è un oggetto decisamente affascinante, mi parve di scorgere in quel frenetico turbinio di colori una genialità assoluta e inavvicinabile di pensiero e azione, di cervello e dita, che mi lasciò letteralmente a bocca aperta. nel tentativo non dico di capire quella genialità, ma almeno di intuirla, mi cimentai con il metodo per principianti (da qualche parte su questo blog trovate un vecchio post su quell'esperienza, che probabilmente dice più o meno le stesse cose di questo che sto scrivendo).
non me lo so spiegare nemmeno io, cosa mi abbia veramente affascinato: forse l'idea di saper trovare sempre un ordine nel caos, (un caos particolarmente caotico per giunta, fatto da 43 miliardi di miliardi di possibili permutazioni diverse), o il piacere rilassante di avere qualcosa in mano da muovere per rilasciare stress ed energie negative. forse mi colpì molto rendermi conto che i muscoli delle dita ricordano molto bene quello che il cervello poi dimentica, o forse ancora giocò un ruolo decisivo il desiderio di conoscere il cubo per utilizzarlo nel fare magia (altra bislacca passione che mi porto dietro da qualche anno a questa parte). non saprei, fatto sta che col tempo ho perfino imparato ad aprirlo, a regolarlo, a lubrificarlo, mi sono cimentato con alcune delle sue infinite varianti, e sento il bisogno di portarmelo dietro ovunque vada.
ne riparlo ora, di questa passione per il cubo, perché soltanto da poco sono finalmente riuscito a imparare una prima versione del metodo avanzato, che utilizza algoritmi più eleganti e soprattutto molto più efficienti, e porta benefici innegabili sui tempi di risoluzione. tranquilli, non c'è rischio che mi smentisca, lento ero e lento rimango, i miei tempi non sono decisamente un granché, però devo ammettere che la cosa mi ha dato davvero un'enorme soddisfazione, soprattutto perché prima di riuscirci ci ho provato mille volte, e mille volte ho gettato la spugna in preda alla frustrazione (non ce la posso fare, è tutto troppo complicato, ma che ti credevi, mi dicevo, e in realtà dicevo anche maledizione signor rubik, al diavolo te e la tua invenzione, cose così, insomma ero molto scoraggiato). poi è scattato qualcosa, quasi all'improvviso, e ce l'ho fatta a padroneggiare il tutto, non ci avrei davvero più scommesso, ed è stata una bella sensazione: quell'inebriante scossa di entusiasmo che accompagna sempre l'imparare cose nuove, anche se piccole o inutili come questa. nel riuscirci però ho trovato un'ulteriore conferma che non c'è nessun tipo di genialità in ballo: ora che ho capito il meccanismo che ne sta alla base quello che mi lasciava a bocca aperta in una risoluzione di pochi secondi continua ovviamente a lasciarmi a bocca aperta, ma per motivi diversi: chi ci riesce non è un genio, ma uno maledettamente e straordinariamente bravo.
così mi sono perfino riproposto di cimentarmi, prima o poi, con la risoluzione del cubo da bendato, che fino a poco tempo fa, da profano, mi sembrava un'abilità quasi ultraterrena appannaggio di poche menti elette, e invece si basa su un metodo forse intricato ma fattibile, certo complesso, ma molto più semplice di quanto mi sarei mai aspettato.
scrivo tutto questo solo per esprimere un pensiero che mi viene in mente ogni volta che faccio progressi con qualcosa, un piccolo promemoria che cerco di non dimenticare e che non mi stancherò mai di condividere: probabilmente non c'è davvero nulla che con un po' di allenamento o dedizione non si possa fare, o imparare, o comprendere. che si tratti di scrittura, disegno a mano libera, giocoleria con le clave o fisica subatomica, se c'è qualcosa che vi entusiasma ma che non avvicinate per paura di non essere all'altezza, beh state commettendo un errore, e vi sottovalutate ingiustamente: tutto è alla portata di tutti, a patto di trovare tempo, voglia e pazienza da investire. non bisogna arrendersi mai! f

csxqp: the stooges - "1970"