tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

martedì, giugno 24, 2008





mi è venuto in mente che la prima partita della nazionale che ho visto in vita mia fu esattamente vent'anni fa. erano gli europei e l'italia pareggiava 1 - 1 con la germania padrona di casa grazie a un secco diagonale di mancini, che dopo aver segnato si mise a correre a perdifiato per il campo schivando accuratamente gli abbracci dei compagni, vai a sapere perchè.
mi è venuta in mente anche una delle ultime canzoni che gaber ha scritto, che aveva questo ritornello: "io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono", ed era una canzone così irriverente nei confronti dell'italia da essere disperatamente e sinceramente patriottica. se la prendeva, fra le altre cose, con il fatto che gli italiani si sentono davvero uniti e attaccati alla patria solamente quando gioca la nazionale di calcio.
mi sono venute in mente queste due cose, guardando la partita dell'altra sera, finita con l'italia che riprende la sua tradizione negativa ai rigori e viene eliminata da una spagna certamente più intraprendente.
che poi a pensarci è tragicamente vero, un gol di panucci, un rigore di pirlo o una punizione di de rossi sono riusciti anche stavolta ad arrivare dove la partecipazione politica, l'indignazione, la solidarietà, la passione civile non arriveranno mai: a trasformare cioè una parte molto consistente di questo paese in un unico cuore pulsante all'unisono, che vuole esserci, e contribuire, fosse anche solo restando in trepidazione o imprecando contro l'arbitro davanti al televisore.
probabilmente alla fine è solo una questione di fiducia: cioè semplicemente c'è la percezione che l'italia intesa come nazionale di calcio possa fare qualsiasi impresa (l'ha dimostrato due anni fa), mentre l'italia intesa come paese e come collettività no, e sia dunque una causa persa per la quale non valga la pena tifare.
e così, nell'attesa di vedere questa italia, tutta intera, me compreso, vibrare di passione per qualcosa di più importante di una partita di calcio, in questi tempi dove sventolano sempre meno tricolori e sempre più soli delle alpi, sono rimasto ancora una volta, l'ennesima in questi vent'anni, con il fiato sospeso, incollato allo schermo e al piede di di natale sul dischetto, fiducioso e pieno di speranza verso il mio paese, se non altro almeno nel calcio.
per fortuna o purtroppo sono italiano dunque, e per fortuna o purtroppo sono da poco anche un suonatore di ukulele. così, unendo le due cose, dopo tutte queste inutili considerazioni, ecco qualcosa per voi: la trascrizione è fatta da me, però tutto sommato funziona (più o meno). suonatelo con un ukulele scordato (cioè suonatelo con un ukulele) e vi sentirete come jimi hendrix, a woodstock, nel '69. f

a _ _ _ _ 2 2 3 2 2 5 3 2 0 2 0 _
e _ _ 0 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ 3
c 2 2 _ 2 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ (x 2)
g _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

a 2 2 _ _ 0 _ _ _ _ _ _ 0 2
e _ _ 1 3 _ 3 1 0 3 1 3 _ _
c _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
g _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

a _ _ _ _ 2 2 3 2 2 5 3 2 2 0 2 _
e _ _ 0 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ 3
c 2 2 _ 2 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
g _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

(poropom poropom poropompompompompò)

csxqp: goffredo mameli - "fratelli d'italia"

martedì, giugno 10, 2008





regali, recensioni.

il disco dei marquez, da fuori, si presenta come qualcosa di estremamente minimale. un titolo lunghissimo che si insinua in una copertina completamente bianca, senza nemmeno i titoli delle canzoni, sembra un treno che corre al margine di un panorama innevato. aprendo si trova solo un piccolo racconto, che narra appunto dell'"incredibile storia del malinteso tra il dottor poto e la banda dell'acqua minerale", una favoletta molto divertente che ha per protagonisti un batterio cattivo, quattro coniglietti suonatori, e la stupidità dei nostri tempi. mettendo sul piatto il cd, anch'esso completamente bianco, ci si ritrova immersi in un'atmosfera sospesa e sofferta, scandita da canzoni forse un pò lente e ripetitive, ma dai testi indubbiamente mai banali. sono proprio i testi la cosa più apprezzabile di questo album (su tutti "buongiorno a voi", "kissing -l-", "emme"), mentre dal punto di vista musicale il pezzo più bello è sicuramente "credi che oggi pioverà?", un trionfo di chitarre distorte con cui si chiude il disco.

"punk's not dead" degli scozzesi exploited è considerato uno dei più importanti album punk di sempre, immancabile in ogni discografia che si rispetti. la copertina è molto azzeccata: accanto al titolo dell'album scritto su un muro c'è un bambino imbronciato avvolto in un enorme maglietta con sopra la notizia della morte di sid vicious, il leggendario bassista dei sex pistols. come a dire: i protagonisti possono cambiare ma il punk, nel 1981, è ancora vivo e vegeto, e ha molto da dire. e così è infatti, e gli exploited ce lo dimostrano in questo disco: canzoni grezze e viscerali, con poche concessioni all'estetica, per rivendicare il proprio ruolo sulla scena e urlare il proprio disappunto verso l'ordine costituito, che sia esso incarnato dalla legge, dalle convenzioni sociali, dalla polizia o dall'esercito ("army life", un potente inno antimilitarista). non saranno forse dei pensatori di primo livello, ma "i believe in anarchy" è il modo migliore per rimandare il funerale di un genere.

il primo album nato dalla collaborazione fra marco paolini e i mercanti di liquore era un perfetto incontro fra il teatro e la musica: i due generi si mescolavano e si rincorrevano lungo tutto il disco dando vita a una delle cose più divertenti, poetiche e intelligenti che mi sia mai capitato di ascoltare. questo secondo album, "miserabili", riesce mirabilmente a ricreare la stessa magia del primo, e se allora erano l'acqua e la resistenza il filo conduttore delle canzoni, qui i temi principali sono l'economia e il lavoro, le cui distorsioni svuotano di senso un presente sempre più misero e schizofrenico. chitarre acustiche e fisarmonica incorniciano parole ironiche e pungenti, cantate e recitate, che toccano diversi argomenti: il precariato ("angelino sempreinpiedi"), la lunatica arroganza dei mercati finanziari (la divertente "il rischio", ma anche "la bolla dei mari del sud"), gli incidenti sul lavoro ("la carrucola"), e in generale la tristezza delle vite che invece di esserne protagoniste sono ormai ridotte a semplice accessorio di un sistema (su tutte "miserabile amica"). un altro piccolo capolavoro di teatro-canzone dunque: non vedo l'ora di vedere il loro spettacolo dal vivo.

"30 anni", uscito poco più di due settimane fa nei migliori negozi di dischi, è l'opera della definitiva maturità artistica di fm, anche se parlare di maturità conoscendo l'autore è quantomeno azzardato. è un album che da parecchio tempo era atteso con malcelata trepidazione, se non addirittura con ansia (vabbè diciamolo, con terrore), perchè secondo molti addetti ai lavori rappresentava davvero un importante passo nella sua (ormai lunga) carriera. armonicista e songwriter di in dubbio talento, e presto ukulelista di sicura fame, fm ha però più volte dichiarato in diverse interviste di non essere per nulla contento del titolo dato al disco, a suo dire impostogli da oscure pressioni discografiche, e di sentirsene completamente spiazzato, come se un titolo così non fosse in grado rispecchiare le sue più profonde sensibilità artistiche. ascoltando il cd si nota subito che non c'è un sound definito: fm pare molto dubbioso su quale indirizzo dare alle proprie canzoni, come se per lui fosse difficile trovare un punto d'incontro fra il suo istintivo modo di suonare e le esigenze di un mercato che non sembra volergli concedere molto spazio. ma poco importa: fm, seppur molto incostante, denuncia nei suoi testi un ottimismo davvero esagerato e fuori controllo (si pensi ad esempio alla bellissima "2007"). le trenta tracce che compongono il disco sono davvero molto varie, e cupe ballate intrise di malinconia si alternano a canzoni più allegre e intense: le atmosfere folkeggianti e cantautorali di "1993" (un piccolo inno alla consapevolezza) ad esempio, o lo sfrenato ska di "1996", uno dei pezzi più riusciti dell'album, fanno da contraltare alla terribile "1997", straziata da apocalittici e disturbanti rumori degni della peggior techno house postindustriale. su tutte è da segnalare la bellissima e struggente "2005", piena di rabbiosa dolcezza. un album in definitiva suonato forse con poca tecnica, ma sicuramente con molta passione. dal booklet del cd vale la pena riportare questa frase: "un ringraziamento di cuore a tutti i musicisti che hanno suonato con me e partecipato a questo disco. senza di voi fare musica semplicemente non avrebbe senso". f

csxqp: fm - "2008" (live)

giovedì, giugno 05, 2008


“I fear that I’m ordinary just like everyone”

Sono insofferente, non capisco perché per divertirsi bisogni tirare l’alba, frequentare posti cool, andare in location alla moda, partecipare ad eventi trendy… fare festa comunque e dovunque, a prescindere.

Io rivendico il diritto di chiudere la serata ad un orario decente, senza ubriacarmi, senza dover per forza sballarmi, tirar tardi, fare e disfare, senza sentirmi nell’obbligo di trascinarmi oltre il limite dello sfinimento, dei discorsi vuoti, delle frasi senza senso, del tanto per esserci, del tanto per fare. In fondo che senso ha prolungare una serata una volta che ci si è detto tutto?

E poi mi si viene a dire se “proprio” non riesco a reggere oltre la mezzanotte, quasi fossi un moderno cenerentolo… che tristezza che mi fate. Più e più volte ho tirato l’alba, so cosa significa tornare a casa col sole che sorge e gli uccelli che cinguettano, come so che quelle sono serate rare, qualcosa di speciale e irripetibile, come quando JJ si è dovuto sorbire i miei patemi sentimentali, ascoltandomi e confortandomi al di là di ogni ragionevole orario; o come quando a casa di K, fra massaggi e cartomanzia, rimasi ben oltre il tollerabile; o come quando con L_r, in un inverno non troppo lontano, chiudevo la saracinesca della discoteca, zuppo di sudore ma con un sorriso a 36 denti.

Forse avrò una filosofia di vita particolare, perché non amo le larghe compagnie, il casino, i locali alla moda, la pochezza e superficialità di molti rapporti, e forse a voi sembra che mi accontenti di poco, però non è così, perché ho quello che voglio.

E così mi ritrovo con gli amici, quelli veri, quelli che conti sulle dita di una mano, a giocare a ping pong, a blaterare al parco, a dare due calci al pallone, a suonare un chitarrino, a bere un chinotto, a fantasticare di un improbabile viaggio ad Amsterdam, a fare tutto ciò che voialtri credete stupido, superato, infantile, o insignificante ma che a me rende tanto felice. y*

clxqp: chuck palahniuk – “la scimmia pensa, la scimmia fa”