tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

venerdì, dicembre 25, 2009



lunedì 21... era nell'aria, in fondo ce lo si aspettava, troppi segnali, tutti nella stessa direzione... gli appelli del comune, la mattinata cupa ma non fredda, le previsioni concordi, tante tessere per un puzzle che dava una sola immagine: la neve.

e così la mia storia è quella di centinaia di migliaia di altri cittadini milanesi, che incuranti di tutto hanno preso la macchina, perchè la mattina non era poi diversa dalle decine di altre schifosissime plumbee mattinate di questo e ogni altro inverno, perchè per alcuni non si poteva fare altrimenti, perchè i mezzi pubblici sono quel che sono, e per quanto mi riguarda perchè amo dormire, fino all'ultimo, anche a costo di saltare la colazione, di non lavarmi, di non cambiarmi, e l'idea di alzarmi un'ora prima del previsto per camminare fino alla fermata, per poi prendere un autobus, due metro, e un filobus sperando che non ci siamo intoppi, che non siano troppo affollati, che Dio ce la mandi buona e mi permetta anche un rientro serale decente non è nella mie corde, quindi macchina... ma a differenza di molti io quel lunedì me lo ricorderò sempre come un giorno epico, un giorno di cui andare fiero, perchè non mi sono abbandonato allo sconforto, ma mi sono rimboccato le maniche, ho affrontato la situazione con lucidità, facendo quello che andava fatto, serenamente...

le prime avvisaglie si erano già avute verso l'ora di pranzo, quando piccoli granelli di ghiaccio avevano preso a fioccare, ma poca roba, niente di preoccupante... verso le tre invece la situazione è progressivamente degenerata... parallelamente il vociare dei colleghi s'è fatto sempre più frenetico, intenso, dubbiosi si interrogavano sul da farsi, restare o partire, affrettarsi o temporeggiare... poi inesorabilmente l'ansia da rientro ha avuto il sopravvento e progressivamente l'ufficio s'è svuotato, un fuggi fuggi generale verso un destino ineluttabile... ma qualcuno è rimasto, io sono rimasto, perchè l'esperienza insegna, perchè a volte bisogna saper leggere le situazioni e discostarsi dall'agire comune... così ho atteso, e mi sono detto:" la strada la sai, mal che vada la farai tutta a piedi, ma non è un gran problema, in fondo la neve la conosci, ci hai camminato sopra da quando eri bambino, e poi non è mai stato un problema, camminare, perchè di escursioni ne hai fatte, di salite ne hai viste, di montagne ne hai superate, e non sarà certo la pianura milanese a crearti problemi "... detto fatto, mi sono coperto, ho timbrato il cartellino e via, senza ulteriori indugi, mi sono lasciato la macchina alle spalle, parcheggiata là dove l'avevo lasciata la mattina, e passo dopo passo ho iniziato ad avanzare, prima in compagnia di alcuni colleghi, poi solo, ma più deciso... è difficile spiegare il momento, ma ero felice, quasi euforico, procedevo, in un ambiente irreale, rallentato, ovattato, fatto di macchine incolonnate, di clacson, di persone spaesate, di caos... ero presente eppure estraneo, distante anni luci, sollevato oltre gli umani patemi... nessuna tensione, nessuna preoccupazione, niente orari da rispettare, ne automobilisti da controllare, ne ingorghi da affrontare, nulla, io e la strada, padrone di me, del mio destino, libero di andare là dove tutti sono forzati all'immobilità. Poi la metro, un rapido tragitto verso l'ultima tappa di questo inaspettato rientro, la fermata di bisceglie, ancora automobili in fila, a perdita d'occhio, un serpentone di luci, affianco ai campi innevati, anch'essi immobili, ma sgombri, a irridere l'uomo... ed io, ombrello alla mano, pronto a riprendere il cammino, nell'intenso fioccare, ormai amico...

strade, ponti, supermercati sono superati uno via l'altro, non manca molto, sono prossimo alla meta, e quasi mi dispiaccio, che sia finita, che varcando la porta di casa debba rientrare a quella normalità che tanto mi sta stretta, così rallento, mi fermo, torno indietro, incrocio un panettiere, entro, scambio due parole, prendo una pizzetta, e mi fermo ad assaporare fino all'ultimo questo momento... y*

clxqp: philip k. dick - "la svastica sul sole"

lunedì, dicembre 07, 2009





una volta perdevo treni. ecco, mi sembra una bella frase per iniziare questo post inconcludente, che scrivo senza pretese mentre il grigiore piovigginoso di un freddo lunedì di dicembre incombe dalle finestre. una volta perdevo treni. correvo tutto trafelato con le valige in stazione e guardavo il pannello con gli orari e il mio treno era già partito da un bel pò. e non c'era nessuno in giro, proprio nessuno, e io imprecavo e poi imprecavo ancora, eppure l'ora mi sembrava giusta e chiedevo spiegazioni in biglietteria ma niente da fare il mio treno era proprio part...

l: fede...
f: eh?
l: guarda che hai già usato la metafora dei treni. parecchie volte, per altro, in questo blog.
f: si, ora che mi ci fate pensare è vero. (sorpreso) però, che lettori attenti!
l: è ora di cambiare, non trovi?
f: beh ma che male c'è? non l'ho fatto apposta, ho ascoltato una canzone e mi è partita la voglia di scrivere un post, la canzone ha la parola treno nel titolo e dunque...
l: si ma i tuoi post iniziano ad essere ripetitivi. anche l'espediente di dialogare con qualcuno che ti interrompe l'hai già usato. cambia un pò!
f: vabbè, dai, ormai ho iniziato. posso finire?
l: se proprio ci tieni...

allora dicevo, una volta perdev...

l: si però mi raccomando non metterci ore, non è che possiamo leggere ogni volta delle spaparanzate colossali.
f: va bene, va bene. ora fatemi andare avanti. se la smetteste di interrompermi magari riesco a finire e andiamo tutti a casa.
l: vai allora.
f: posso?
l: vai.

ecco insomma, il fatto è che una volta perdevo treni.
una volta perdevo treni, dunque.
perdevo...

l: beh, si è incantato il disco? (ridono)
f: (sguardo torvo) ha ha, molto divertente. mi sono perso. troppe interruzioni.
l: un ottima scusa per mascherare il fatto che non sai cosa dire.
f: no, non è vero, ero partito bene, poi mi avete fatto perdere il filo. in realtà volevo solo dire che che ora ho l'impressione di non perderne più. di treni intendo, non di fili.
l: però, che gran concetto. e sei contento che non perdi più i treni?
f: beh, certo. sono contento. ma non so se essere così contento di essere così contento.
l: un pò contorto il ragazzo. che vuoi dire?
f: che forse dovrei scendere dall'interregionale e salire su uno di quelli nuovi fiammanti ad alta velocità. anche se poi non riuscirei a godermi il paesaggio che si srotola dal finestrino.
l: (sguardi perplessi) non so se riusciamo a seguirti.
f: non mi seguo neanch'io, se è per questo. perché in realtà nemmeno ci sono su un treno, sono sospeso per aria e ora mi avete rotto. basta. scrivo un altro post. così imparate. e guai a voi se mi interrompete ancora.

qualche pomeriggio fa mi sono soffermato parecchi minuti ad osservare con meraviglia lo spettacolo caotico e allo stesso tempo preciso del movimento di migliaia di uccelli nel cielo plumbeo sopra la stazione centrale. bolle gigantesche che si gonfiavano per afflosciarsi su se stesse nell'attimo immediatamente dopo, esplosioni di puntini neri che deflagravano da dietro gli edifici, un incredibile e vorticoso spettacolo pirotecnico. ho pensato che anch'io sono un ucc...

l: anche tu un uccello... un allocco! ah ah!
f: non solo una pessima battuta, ma mi avete interrotto di nuovo.
l: scusa. questo inizio era già un pò più originale di quello di prima ma, lasciatelo dire, un pò troppo lirico. comunque in che senso saresti un uccello?
f: ah, ora siete curiosi...
l: no è che vorremmo farti venire al dunque e andarcene a casa. la concisione non è il tuo forte.
f: vabbè cercherò di essere breve. volevo solo dire che mi piace muovermi con altre persone con la stessa dissonante sintonia di uno stormo in volo, ognuno per conto suo ma in fondo allo stesso tempo insieme, pezzi di vita che si sovrappongono nell'attimo di una bolla, e poi forse di un altra, si allontanano e si riprendono per fare un pezzo di strada in comune, senza logica apparente fuggono e si riabbracciano, con caotica precisione. voglio dire, ogni persona che mi cerca, ogni episodio divertente, ogni bacio dolce e appassionato, ogni viaggio da organizzare, ogni progetto strampalato, ogni momento passato con gli amici, ogni scintilla che si scocca da un contatto, ogni persona che sorride nel vedermi mi fa sorridere a mia volta perché, anche quando volo per conto mio, mi sento parte, appunto, di uno stormo. mi piace non riuscire ancora a darlo per scontato, dopo così tanto tempo.
l: dissonante sintonia, caotica precisione... sei sempre più contorto. e tutto questo sorridere è molto sdolcinato.
f: uff, non siete mai contenti. e mi avete interrotto di nuovo. sapete che vi dico? ora inizio un'altro post.
l: (terrorizzati) no, ti prego.
f: e invece si.

è sempre incredibile come sullo stesso album riescano a convivere, con tanta naturalezza e perfezione, canzoni impegnate e pezzi sostanzialmente demenziali, la profonda riflessione sociopolitica e il divertimento spensierato, la protesta iconoclasta e il disimpegno cazzone. indubbiamente geniali, caustici e disallineati, a distanza di molt...

l: fermati, questa sembra proprio una recensione.
f: ebbene si, lo è. e allora?
l: e allora dovresti saperlo, ora c'è un posto apposta per le recensioni. il sito del tfc, nella sua veste rinnovata, è ora un contenitore per recensioni di libri, dischi e film.
f: quindi mi state dicendo che farei meglio a metterla là?
l: finalmente hai capito.
f: (rassegnato) va bene, la metterò là. comunque mi sono stufato, ci rinuncio, per ora non scrivo più niente, così non potete più interrompermi.
l: (in coro) evviva! saggia decisione. lo sai che questo è il post più insulso e inutile che tu abbia mai scritto?
f: lo so.
f

csxqp: stefano vergani e orchestrina pontiroli - "una volta prendevo treni"