respiro di frontiera, qui finisce l'europa e inizia tutto il resto, e con lo sguardo rivolto lontano, oltre quel fiume che è praticamente un mare che si tuffa nell'oceano, questa città è magica e bella, avvolta di dittonghi e sardine. la luce è inesorabile, accecante, riflessa senza pietà dai marciapiedi, migliaia di quadratini bianchi. sullo sfondo palazzi vecchi e nuovi insieme, vicini, abbarbicati l'uno vicino all'altro. ci sono salite e discese, ma chissà come, pant pant, ci sono soprattutto salite, punteggiate da piccoli tram gialli che vi si arrampicano arrancando, e mille punti panoramici, credo di non averne mai visti così tanti nello stesso posto. poi un castello, un ponte rosso, una torre di ferro, una torre sul mare. il vento porta a spasso l'odore della carne alla griglia e la maliconia struggente del fado, voci di donne irrequiete e chitarre a dodici corde. le pasteis sono roba da peccatori, un trionfo di crema pasticcera racchiuso da pareti di pasta sfoglia. sul muro della fermata di cidade universitaria, socrate si sente cidadão do mundo, e noi con lui.
piccole intuizioni e frammenti per dire che lisbona è città di dolce sensualità, elegante mistero e affascinante pienezza, mi ricorda un pò cracovia e parigi, ed è impossibile non innamorarsi di lei. f
csxqp: ana moura - "os búzios"
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