tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

sabato, luglio 24, 2010


ci sono giorni, persone, incontri, canzoni che non si dimenticano, che col passare degli anni acquistano ancora più fascino, si arricchiscono di dettagli, sono fonte di aneddoti, situazioni comiche, vicende epiche, e il ripensarci non può che renderti felice, soddisfatto, appagato. Ieri è stato uno di quei momenti, perché ogni tanto è giusto crearseli, cercarli, adoperarsi e infine viverli, nonostante questo voglia dire fare progetti a lungo termine, fare centinaia di chilometri, sperperare soldi come mai, sfidare le previsioni meteo avverse, affrontare un caldo torrido, anche da soli, senza nessuno al seguito, perché bisogna cogliere l’attimo, perché ogni lasciata è persa, quindi niente tentennamenti, o fai di tutto per viverli o ti rassegni al dubbio di aver mancato qualcosa di importante.

il concerto dei Kings of Convenience alla Reggia di Venaria ora è parte della mia storia personale: dirvi che è stato bello sarebbe riduttivo e forviante, perché intimamente è stato più di una serata in allegria, perché mi hanno fatto sognare, fantasticare, evadere, mi hanno ridato fiducia e forza in un periodo di stanca, in cui la rassegnazione e lo sconforto sono lo stato d’animo dominante delle mie giornate… ma ieri è andata diversamente, mi sono dedicato del tempo, ho lavorato il giusto, nel pomeriggio mi sono rilassato e con tranquillità, verso le 18, mi sono messo in macchina, con i Led Zeppelin nello stereo ed un panino nello zaino. È stato un viaggio nel viaggio, ho incrociato caldo africano e tempeste tropicali, incolonnamenti sterminati e strade deserte, indicazioni fuorvianti e segnaletiche inappuntabili, per giungere infine a destinazione, una splendida reggia ornata da una schiera di montagne, un cielo terso e una brezza leggera come solo le alpi sanno regalare… e così eccomi seduto in quinta fila, platea gold, il top, perché se le cose bisogna farle allora è meglio farle bene…

entrano in punta di piedi, chitarre alla mano, il palco è essenziale, le luci soffuse, niente scenografia, ciò che conta è la musica… la voce è nitida, il suono pulito, applausi, loro ringraziano, senza piaggeria ma semplicemente, il pubblico è incantato, c’è silenzio, attenzione… si apre un dialogo, la brezza si sente, Erlend si sfrega le mani, lamenta il freddo, qualcuno gli fa notare “you are from norway!”, sorride, risponde che è vero, ma ormai vivono altrove, perennemente in giro, si scherza, ricordano che ai loro concerti non si batton le mani ma si schioccan le dita, aggiungendo poi che fra una canzone e l’altra è ammesso, se non auspicato, l’applauso, e così via… entrano violino e violoncello, suonano nuovi e vecchi brani, ringraziano l’italia per il successo tributato a “misread”, ci chiamano al canto, siamo coristi, da massa informe diventiamo una voce unica, cogliamo ogni stimolo, siamo parte della serata, si divertono, ci invitano ad avvicinarci, sono sotto il palco, a non più di tre metri, senza calca, non c’è bisogno, siamo ammaliati, non c’è più distacco, si rilassano, dedicano un minuto ai “forzati” della fotografia, ricordano i concerti fatti nel nostro paese, ringraziano il re per la bellissima cornice, chiedono silenzio per ascoltare le rane… torna la musica, un crescendo, Erlend balla, si scatena, Eirik è composto, concentrato, gli strappiamo un sorriso, lo imitiamo contando il tempo all’inizio di un brano, annunciano l’ultima canzone, escon di scena, li richiamiamo a gran voce, riappaiono, è il momento delle richieste, viene urlata”rule my world” ma niente, non è serata, rimarrà nei loro strumenti… questa volta è veramente la fine, è quasi mezzanotte, il tempo è volato, gli tributiamo i giusti onori, applausi su applausi, meritano, come pochi altri… si riaccendono le luci ma io non ho fretta, resto ancora qualche minuto ad assaporare il momento, poi tiro fuori l’Ipod e mi incammino, lentamente, alla macchina, mi aspetta l’autostrada.

Avrei voluto aggiungere di più, ma avrei corso il rischio di ripetermi, perché se è vero che ogni serata è diversa, come diverse sono le emozioni, è anche vero che le parole sono limitate e con esse, forse, anche le capacità di chi vi scrive.
sono stato bene, mi sono divertito, ho cantato, schioccato le dita e applaudito, mi sono emozionato… ho avuto quello che cercavo. grazie. y

csxqp (e da circa un anno a questa parte): kings of convenience – “declaration of dependence”

lunedì, luglio 19, 2010





una delle cose che più mi piace fare d'estate è inforcare il mio catorcio e partire, senza meta o senza un motivo preciso, lasciar viaggiare e vagare le due ruote, e con esse i miei pensieri. mi piace sentire il sole che brucia la pelle in assolati pomeriggi di negozi chiusi, senz'anima viva, e mi piace, nel fresco di un giorno che se ne sta andando, passare sotto le finestre aperte delle case che provano a respirare, e sbirciarci dentro. mi piace svegliarmi all'alba e dal sellino osservare la città ancora deserta che sta per stiracchiarsi e mettersi in piedi. mi piace inoltrarmi per chilometri verso sudovest, seguire il corso del naviglio, pedalare per ore in compagnia del granturco, delle libellule, delle cascine, piene di mucche sonnacchiose. mi piace il fruscio delle ruote sull'asfalto, e l'oscillante arrancare delle mie ginocchia. mi piace esplorare angoli e vie che non conosco, paesini sperduti nel nulla, periferie misteriose. mi piace sentirmi libero, io e la strada, portarmi dietro poco o niente, andare a zonzo, guardarmi intorno, fermarmi, ripartire, perdermi, affidare all'istinto il compito di tracciare una rotta. mi piace lasciare il manubrio, sentir scorrere il vento e gli odori che porta. f

csxqp: swingin' utters - "nowhere fast"