tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

martedì, ottobre 25, 2011


e così siamo giunti al secondo post di questa mia avventura americana! che cosa vi posso raccontare? innanzitutto che sono molto contento di aver fatto questa foto, molto simbolica del mio non avere una direzione precisa, sospeso fra varie strade, economia e teatro (e alla fine immerso fino al collo nel gelato)... mi ha portato fortuna quando la postai tempo addietro e sono molto contento di poterla riproporre in questa versione per così dire "live".
dunque, visto che ci siamo parliamo di lavoro... per andare al negozio sono molto comodo perché una volta sceso a union square posso prendere uno qualsiasi dei treni della linea gialla verso uptown (ci sono tre sottolinee, di cui una molto veloce perché salta le fermate meno importanti, un po' come se a milano la rossa saltasse gorla, palestro o cordusio, ma in realtà passa raramente quindi ripiego quasi sempre sulle linee che fanno tutte le fermate) e in pochi minuti sono a destinazione: il negozio in cui lavoro è in una zona davvero molto bella e piacevole, ricca di grattacieli, si trova all'angolo fra la 58th e la broadway (ma molto più a nord di dove ho scattato la foto), nei pressi di columbus circle, un enorme piazza circolare (una delle poche, se non forse l'unica, a manhattan) all'inizio dell'upper west side. in pratica sono esattamente in corrispondenza dell'angolo sud ovest di central park. devo ammettere di essere stato molto fortunato, non solo perché il negozio di columbus è molto piccolo e confortevole, con un enorme vetrata che lo rende particolarmente luminoso, ma soprattutto perché mi sono trovato subito bene con i colleghi, che sono stati molto amichevoli e sopratutto pazienti di fronte alle mie incomprensioni e ai miei biascicamenti in inglese (ora, a distanza di tre settimane, biascico sicuramente un po' meglio, ma comunque biascico, e il loro appoggio resta tuttora fondamentale. fra l'altro molto spesso l'americano è una cosa difficilmente comprensibile semplicemente perché molto contratta: dici gi e vuoi dire did you eat? oppure eidon sta per how are you doing? e per un forestiero è dura raccapezzarsi, ma sto imparando).
il gruppo dei miei colleghi americani è ben assortito: la store manager è una cantante di un gruppo jazz rock (qualunque cosa significhi questa definizione, che però mi pare adattarsi bene alla sua band), l'assistant manager è un appassionato degustatore di birra, vino e formaggio, e l'ho appena convertito al collezionismo numismatico, tormentando lui al posto dei miei colleghi italiani (spulciamo sempre la cassa alla ricerca dei quarter dedicati agli stati americani, una lunga collezione da più di 50 pezzi, ma non poi è così difficile trovarli), c'è un aspirante ballerino che fa audizioni per i musical (e ogni tanto è divertentissimo vederlo improvvisare qualche passo dietro il banco, fra una coppetta e l'altra), un biologo appassionato di cultura italiana con cui ho fatto lunghe discussioni politiche e culturali prima che se ne partisse, appunto, in italia, un tipo con cui non ho ancora avuto occasione di parlare molto, ma ha una bella bici pieghevole, e infine un ragazzo appena assunto che vive e studia in america ma il mondo è davvero incredibilmente piccolo perché è cresciuto a pochi chilometri da ivrea.
l'approccio verso il lavoro mi sembra essere in america, nel bene e nel male, distante anni luce da quello italiano, o quantomeno da quello che ho vissuto nel mio negozio a milano: tutti sono molto rilassati, rispettano molto il tuo lavoro, non hanno l'ossessione paranoica del controllo, delle gerarchie e delle procedure (a volte, va detto, non sono propriamente impeccabili, ma va bene così), insomma non vivono con il fiato sul collo, nè te lo mettono a te: quando tutto il negozio è in perfetto stato e non entra nessuno cazzeggiano apertamente e senza sensi di colpa, e io con loro: per molti versi lo ritengo un approccio giusto e condivisibile, e devo ammettere che mi trovo molto bene a lavorare qui.
la cosa veramente incredibile e divertente è che mi sono trovato catapultato in una situazione completamente nuova non solo dal punto ambientale e linguistico, ma anche strettamente lavorativo: mi stanno dando qui molte più responsabilità di quante mai abbiano sognato di darmi in italia. dopo nemmeno una settimana qui senza troppi complimenti mi hanno fatto gestire la mia prima chiusura da solo: ecco le chiavi del negozio, ecco la combinazione della cassaforte, così si contano i soldi e così si compila il report di fine giornata, e via. la cruda verità è che sono un po' alle corde per scarsità di personale e non hanno nessun altro di fiducia che possa fare questo lavoro (in america c'è un turnover altissimo, perché qui è ancora molto semplice trovare lavoro, quindi appena qualcuno trova qualcosa di meglio, e non è così difficile, semplicemente saluta e se ne va. il rovescio della medaglia è che i lavoratori in america possono essere licenziati a piacimento e praticamente non hanno diritti: non esistono contratti, ferie pagate, tfr, niente di niente, contano solo le ore che lavori, e se ti mandano a casa prima perché piove fai fatica a pagare le bollette. e io che in italia mi lamentavo... i sindacati, qui, praticamente non esistono), però ammetto che, pur avendo bene in mente la contingenza e la provvisorietà della situazione, mi piace avere queste responsabilità.
l'altra cosa incredibile sono le mance: qui sono abbondanti e tenute in grande rispetto: i clienti le lasciano spesso (la coppetta piccola costa 5 dollari e 25, e i 75 cents di resto finiscono quasi sempre nella ciotola) e a fine settimana vengono divise fra tutti i dipendenti. probabilmente in italia verrebbero usate per coprire eventuali ammanchi di cassa, qui nessuno si sogna nemmeno di proporlo. la mia prima busta mance settimanale conteneva molti più dollari di quanto mi sarei mai immaginato (beh, avevo poche aspettative).
adoro quando sono in pausa attraversare la strada, schivare gli skaters e stravaccarmi comodamente sui gradoni del monumento a colombo in mezzo alla piazza, e contemplare da lì la mia america da poco scoperta. oppure quando ho finito il turno mi piace percorrere la broadway, di solito verso downtown, e ammirare con stupore l'altezza dei grattacieli... ma questa è materia per il prossimo post, questo è stato fin troppo logorroico ed è giunto alla conclusione! see you soon! f
cose molto americane / newyorkesi: cucinare i popcorn al microonde, il fumo che esce dai tombini in mezzo alla strada, le targhe dei caduti il 9/11 fuori dalle stazioni dei pompieri, la cassiera addormentata sulla cassa del supermercato alle 2 e mezza di notte, le dita unte di pollo fritto.

csxqp: woodbine falls - "so it goes"

2 Commenti:

Blogger Unknown ha detto...

Finalmente F. ti sei degnato di scrivere dei post newyorkesi! ormai non ci speravo più!!
4181 55 1 144 377
A domani!!

4:00 PM

 
Anonymous fla ha detto...

BELLISSIMO :D ENJOYYYYYYYYYY

9:54 PM

 

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