non intendo fare una recensione del concerto, né tantomeno del suo ultimo album, ma solo provare a descrivere una sensazione che mi ha attraversato mentre ero in piedi, stipato con troppe persone in un teatro troppo piccolo, con le gambe dolenti, stremato e assonnato, ad ascoltare un vecchio inglese con un forte accento e un naso grande quasi come la sua chitarra, che si ostina imperterrito a scrivere canzoni di protesta in un mondo arresosi al despacito.
canzoni che possono piacere o non piacere ma hanno un indiscutibile pregio: sono state scritte da uno che ancora ci crede, che è convinto fermamente che il mondo possa cambiare e nonostante tutto diventare un posto migliore, e che proprio le canzoni abbiano il potere, nel loro piccolo, di coagulare la coscienza di chi le ascolta, di alcuni perlomeno, intorno alla consapevolezza che non tutto è perduto, e all'intuizione che il vero pericolo non è nei fascismi o nei fanatismi, ma nel menefreghismo accondiscendente di chi accetta, stanco di lottare, le cose sbagliate. è un modo di pensare che mi trova d'accordo, e mi conforta, seppur limitato dalla mia proverbiale pigrizia e dalla mia abituale pachidermica inerzia, sapere di esserci, di fronte alla barricata, e di emozionarmi di fronte a queste idee, attraverso queste e mille altre canzoni, che ne condividono spirito e intenti.
la verità è che io, che sono sempre stato un sognatore ad occhi aperti, sia nel senso buono che, soprattutto, in quello negativo del termine, io che tendo a circondarmi di illusioni e di speranze, sulle possibilità di cambiamento di ciò che non va e sulla buona fede delle persone, io che preferisco l'ottimismo utopico alla rassegnazione, io che insomma sono un ingenuo di professione, ecco, io a volte ho una paura fottuta, con l'età che avanza e l'aumentare del numero delle cicatrici sulla mia pelle, di svegliarmi un giorno e scoprire di essere diventato irrimediabilmente cinico. di smettere cioè di condannare le disuguaglianze e le arroganze, e di rinunciare a credere che ogni gesto, anche quello più piccolo e insignificante, sia importante e a suo modo decisivo per migliorare ciò che mi circonda (o anche solo me stesso, e le tante cose che non funzionano in quel punto imprecisato fra la mia anima e il mio cervello): ho paura ad esempio di non aver più voglia di andare a votare perché tanto sono tutti dei farabutti, di credere che fare la raccolta differenziata o ridurre il mio impatto ambientale sia inutile perché tanto non lo fa nessuno, o di smettere di tendere una mano o il cuore ad una persona che ne ha bisogno perché tanto so che poi mi frega o se ne approfitta, o non se lo merita.
ecco, la sensazione era questa, così limpidamente bella da essere quasi banale: certe canzoni decisamente non salveranno il mondo, né cambieranno mai le cose. ma sono meravigliosamente preziose, e ho disperatamente bisogno di loro, nel momento in cui mi ricordano che è ancora possibile farlo. f
csxqp: billy bragg - "saffiyah smiles"