tabacchi fc, ovvero tabacchi football club, ovvero tabacchi fancazzisti, ovvero un blog creato da quelli che si ritrovano la sera a giocare a calcetto nel parco tabacchi, quello spicchio di verde fra via tabacchi (appunto) e via giambologna, a Milano. Ovvero un contenitore per metterci tutto quello che ci passa per la testa...

martedì, luglio 01, 2014


Mi piace aprire l'armadio e trovarci un'infinità di storie, ricordi, affetti e... vestiti, indumenti che mi accompagnano da anni e che, nonostante questi continuino ad accumularsi, non mi abbandonano, anche se logori e vissuti... e così una maglia gialla, che ai più non dice nulla, per me è espressione di un legame, con mio padre, che l'acquistò, indossò e conservò nel cassetto fin quando la sua pancia non fu troppo grossa ed io abbastanza grande da prenderla in consegna, regalandogli nuova vita... qualcuno potrebbe dire che è solo cotone, intrecciato e colorato, con una bella stampa e un'etichetta vintage che ora va tanto di moda, ma per me significa molto, e così la indosso con un certo rispetto, riguardo, attenzione, perché non vorrei mai rovinarla, e privarmi così di un caro ricordo, che ormai è un simbolo, espressione del nostro rapporto padre-figlio, della continuità familiare, e del conseguente passaggio generazionale...
E come non citare i pantaloncini neri, da basket, della champion, avuti per una bella pagella, alla fine dell'anno scolastico, in seconda superiore, quando nonostante una grave insufficienza in stenografia riuscii a esser promosso senza materie a settembre. Non ero mai stato molto bravo, a scuola, e così un po’ per necessità e un po’ per premio mia madre mi portò in corso San Gottardo, a Milano, per comprarmi qualcosa per l'estate... mi regalò una splendida maglia da hockey, lavorata in un tessuto supertecnico, che le costò parecchio, ma che non fu sufficiente a placare la mia ingordigia, così si convinse ad abbinarvi anche un paio di pantaloncini, altrettanto cari, che io quasi mi vergognavo a chiedere, tanto mi sentivo in difetto, ma che alla fine mia madre acquistò in maniera risoluta, spazzando via riserve e tentennamenti... ripensandoci ora furono soldi spesi bene, e anche se lei non ricorda nulla, e anzi vorrebbe buttarli, tanti sono i buchi sul sedere, non lo fa, perché ho trovato il modo di renderli presentabili, dandogli una seconda chance, indossati al rovescio, anche se questo vuol dire non poter usare le tasche, e neanche l'elastico, ormai bruciato dai lavaggi e dal tempo, mentre posso far affidamento su un bellissimo laccio rossonero, che ricorda i colori del Milan, la squadra che ho sempre tifato...
Nel secondo cassetto invece sono riposte due canottiere, un vero e proprio cimelio, la cui storia risale a tempi di cui ho solo una vaga memoria, cioè l'infanzia, dove tutto è un po’ offuscato, e non si capisce bene se i ricordi siano il frutto dei racconti altrui o di esperienze dirette... e così quelle maglie della salute, che quando mi furono regalate erano troppo grosse, lunghe e larghe, per essere indossate da un bambino, sono diventate, con la maggiore età, e dopo oltre un decennio in fondo al cassetto a combattere contro le tarme e la minaccia della pattumiera, un inseparabile, morbido, profumato, attillato, salutare, capo da indossare con fierezza sotto ogni maglietta, in qualsiasi condizione climatica, occasione, momento, e così sorrido ripensando a tutto il tempo trascorso, e al suo indiscusso potere, alla sua capacità di influire sui giudizi, sull'utilità e il valore delle cose, e non solo.
 

E poi che dire della polo nera con testa di falco gialla comprata in un negozio di seconda mano a Dublino con i soldi trovati nel pub dove lavoravo, o della maglia bianca e blu stretta e lunga dell’Adidas che mio padre indossava per giocare a tennis e che mia madre colorò di rosa quando la lavò con un capo rosso, o degli shorts della squadra di calcio del Calenzano che mi furono dati da un amico e che avrei dovuto consegnare a un nostro comune conoscente ma che invece egoisticamente trattenni per me, o il berretto di lana rossa, con cucite all'interno le iniziali P.H., che utilizzava mia madre ai tempi del collegio, o la felpa grigia dei Washington Redskins che indossavo in casa come rinforzo al pigiama quando sentivo freddo e che immancabilmente accompagnava le mie giornate di malattia trascorse in attesa della guarigione, o le innumerevoli t-shirt ricordo di mille concerti, degli smashing pumpkins e delle luci, dei garbage e bon iver, e poi ancora decine di magliette, autoprodotte o regali di amici, souvenir di posti lontani, o vicini, dei vigili del fuoco o di campi estivi, di viaggi studio o manifestazioni sportive, avute al lavoro o acquistate su internet, brutte o geniali, ma sempre con la loro piccola grande storia...

il mio vestire non è mai casuale, per me nulla è banale, privo di senso, significato, e così mi piace legarmi ai ricordi, e portarmi addosso, anche letteralmente, il passato e le storie che porta con se, che poi sono gli affetti e le esperienze che hanno fatto di me quello che sono. y

csxqp: francesco de gregori - “la storia siamo noi”

1 Commenti:

Blogger tabacchi fc ha detto...

mi fa sempre molto piacere vedere che non sono l'unico a conservare quello che una persona normale definirebbe ciarpame solo perché questo ciarpame ha, per me (e me soltanto), un indiscutibile valore affettivo, ed è ancora capace, a distanza di moltissimi anni, di raccontarmi la sua storia.
mi succede con moltissime cose, e naturalmente anche con i vestiti: ci sono magliette, o felpe, o pantaloni che ogni volta accendono memorie piacevolmente dettagliate sulle circostanze che mi hanno portato ad entrarne in possesso, o sui momenti della mia vita in cui mi hanno accompagnato quando li avevo addosso).
anch'io, come te, ho un armadio pieno di ricordi. f

10:01 AM

 

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